Max Payne sarebbe rientrato a pieno titolo nella categoria “visti al cinema con meno di dieci persone in sala”, se non fosse che quattro ragazzotti, proprio durante i titoli di testa, hanno fatto il loro ingresso per venirsi a sedere nella fila davanti alla nostra, facendo scattare la soglia dei 10 (12, per la precisione). Ovviamente, il più alto dei quattro si è piazzato esattamente nella poltrona davanti alla mia…
Che non sarebbe stato un film memorabile si sarebbe già dovuto intuire quando, fuori dalla biglietteria, il custode della sala ci ha asciugato dieci minuti tessendone le lodi: “Ah, avete fatto bene a venire a vedere questo film invece di quell’altro [Twilight, N.d.A.], quell’altro ci vanno solo le ragazzine, non andate a vederlo! Anche questo… vabbè, ma l’altro è peggio”.
Ad ogni modo. Il film, tratto da un videogioco a cui non ho mai videogiocato, ha una trama molto semplice, che di seguito rivelerò pressoché interamente, tanto è banale.
Max Payne è un poliziotto intristito dal fatto di aver perso moglie e figlia, uccise a domicilio da criminali rimasti ignoti e impuniti: il nostro non l’ha presa bene – e come dargli torto? – e cerca i colpevoli per avere la sua vendetta. Dopo anni di ricerche vane trova finalmente una traccia, sulla pelle (letteralmente e figurativamente) della incantevole Olga Kurylenko la quale, reduce dalla missione con 007, si è data alla droga, ai tatuaggi, e alla morte, quest’ultima non per colpa sua. La sorella di Olga (Natasha nel film) si chiama Mona, anche se a logica avrebbero dovuto scambiarsi il nome perché non c’è proprio confronto. Con l’aiuto di Mona, Max risolve gli enigmi, trova il colpevole della morte della moglie, della figlia, e della mona (Olga Kurylenko, appunto, che in una scena del tutto inverosimile aveva fatto rivestire e scacciato dal letto, prima che lei morisse), e, prevedibilmente, lo uccide.
Colpiscono l’abuso di slow motion (che però mi dicono fosse una caratteristica del gioco) e soprattutto l’incredibile prevedibilità della maggior parte delle scene, con veri e propri plagi da altri film, su tutti Il Gladiatore (Max sta per morire, gli appaiono moglie e figlia sorridenti in una stanza illuminata dal sole, la moglie gli dice “non ancora, Max”, lui si ripiglia. Oltretutto questa scena la piazzano identica per due volte, nemmeno a troppa distanza l’una dall’altra) e Sin City (molto simile l’ambientazione, e praticamente identica la resa grafica, anche se un po’ meno fumettosa).
La prossima volta forse è meglio andare a vedere quell’altro: almeno le ragazzine di solito non sono tanto alte…
Il videogioco tuttavia è una grandissima ficata, specialmente grazie allo slow motion. Anch’esso tuttavia ha elementi di prevedibilità, tipo l’arrivo di decine di nemici sotto l’effetto di potenti droghe che vengono sterminati saltellando di qua e di là al rallentatore. Momenti di vera inquietudine sono dati dai livelli-incubo dove Max rivive l’uccisione delle sue familiari in appartamenti labirintici che si deformano e vengono percorsi correndo alienati su sentieri di sangue. Altra finezza del videogame è che il livello di difficoltà si corregge automaticamente a seconda della tua performance, quindi se sei una sega diventa più facile e se sei fico diventa più arduo – proprio come la vita reale, d’altronde (?).
No, fidati, NON sarebbe stato meglio andare a vedere Twilight…anche perchè le ragazzine sono sì più basse, ma decisamente più moleste (strillano e sospirano ad ogni scena…)!
vogliamo il contest di Natale!
uffa!
Eccolo!