È tristemente ironico che il diritto alla vita, tanto sbandierato appena un giorno prima per giustificare l’assurda legge che impedisce di fatto il testamento biologico, venga invece completamente dimenticato quando si tratta di riformare il Testo Unico della sicurezza sui luoghi di lavoro. Il tratto comune è la totale sintonia del Governo con le forze più reazionarie del Paese: la Chiesa nel primo caso, il padronato in quest’ultimo.
Il provvedimento approvato la scorsa settimana dal Consiglio dei Ministri svuota in sostanza di significato gran parte delle tutele previste dal Testo Unico, modificando proprio i punti che Confindustria aveva più aspramente criticato all’indomani della sua approvazione, all’incirca un anno fa.
Innanzitutto, viene completamente esautorato il ruolo delle RSU in azienda: a trattare con il padrone sarà il solo rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, privo dell’assistenza e della “copertura” delle organizzazioni sindacali.
Non solo, la valutazione della conformità alla legge delle misure per la sicurezza adottate in azienda sarà affidata ad autocertificazioni o alla dichiarazione di “enti bilaterali” appositamente costituiti: saranno cioè i padroni a giudicare se stessi, secondo un principio di “presunzione di conformità”.
Viene poi introdotta formalmente la possibilità di demansionare un lavoratore che non possa essere adibito alle mansioni corrispondenti al suo inquadramento per ragioni di salute, senza più l’obbligo per le aziende di ricollocarlo secondo il suo livello.
Soprattutto, è sensibilmente ridotto l’apparato sanzionatorio: pressoché cancellate le ipotesi di arresto, e diminuita anche a un terzo l’entità delle multe. Suona come una beffa il fatto che le uniche sanzioni aumentate siano quelle a carico dei lavoratori che non rispettano le misure di sicurezza (come se ciò non dipendesse spesso dall’inadeguatezza delle misure predisposte dai datori!).
Fa gridare di rabbia e di disgusto l’ipocrisia con cui i padroni prima, e il Ministro Sacconi adesso, hanno enfatizzato questa vera e propria “licenza di uccidere” (come l’ha definita anche il quotidiano Liberazione). Nella relazione di accompagnamento del Governo si legge infatti che “non è certo introducendo la sanzione dell’arresto che si realizza l’obiettivo di innalzare i livelli di tutela negli ambienti di lavoro”.
Ma il semplice buon senso mostra il contrario, a noi e ai milioni di lavoratori il cui diritto alla salute e alla vita viene tranquillamente sacrificato sull’altare del profitto di pochi. Ai lavoratori si chiede in sostanza di “fidarsi” dei padroni. Quanto questa fiducia sia malriposta lo dicono chiaramente 1300 morti, 30.000 persone che subiscono danni permanenti, 600.000 con danni temporanei ogni anno. Con la crisi economica, la situazione si è ovviamente aggravata e gli indici crescono, di pari passo con la necessità di effettuare turni massacranti in condizioni sempre più precarie.
Dietro le menzogne del Ministro e del padronato, l’intento della riforma è chiaro come il sole: il Governo consente ai padroni di risparmiare (cioè trarre profitto) impunemente sulla pelle dei lavoratori.
Di fronte a questo scempio, ormai non stupisce più la totale subordinazione della CISL, trasformatasi in vero e proprio sindacato padronale e già disponibile a trattare col Governo per “trovare il massimo di condivisione possibile”. Sul fronte della CGIL, invece, registriamo le reazioni fortemente critiche di Cremaschi, Patta, e anche di Epifani. Ma le parole, come sempre, non bastano. L’attacco senza precedenti del Governo non potrà essere respinto mantenendo un atteggiamento difensivo e con appelli generici a difendersi. È necessario invece un grande sforzo collettivo e unitario, della CGIL, dei sindacati di base, di tutte le organizzazioni di sinistra a cominciare da Rifondazione Comunista, per mettere in campo una risposta all’altezza della situazione, per coinvolgere in questa battaglia i milioni di lavoratori che con questa riforma saranno ancora più a rischio.