Con ancora in corpo l’adrenalina del Volo, cambio per una volta compagnia e mi faccio accompagnare da Peppe ai laghi di Monticchio. Si tratta di due laghetti all’interno della caldera del Monte Vulture, un vulcano estinto circa millemila anni fa (vorrei essere più preciso, ma stavolta Wikipedia non mi aiuta: comunque nel Pleistocene). Ci arriviamo comodamente in macchina – ancora una volta riesco a fare il passeggero! – mentre la mia guida mi spiega le meraviglie del luogo
La rigogliosa foresta che ricopre sia il versante esterno che quello interno del monte ha una caratteristica bizzarra e forse unica, dovuta probabilmente al microclima creato dai laghi: mentre ovunque le querce crescono a un’altitudine inferiore e più in alto si trovano i faggi, qui avviene il contrario. Io non sono certo in grado di distinguere una quercia da un faggio, ma l’informazione mi pare notevole. Così come certamente notevole è la presenza di una particolare specie di falena, la Bramea, che vive soltanto qui, in tutto il pianeta: chissà quanta fortuna porta incontrarne una!
Ma al di là delle nozioni di scienza naturale, a essere straordinario è il panorama che si apprezza una volta arrivati (e di cui potete vedere qui qualche estratto). A circa metà della salita all’interno della caldera sorge un’abbazia che, oltre a offrire una vista splendida di entrambi i laghi dall’alto, contiene una chiesetta parzialmente scavata nel tufo della montagna.
Sul pendio c’è anche un Museo di Storia naturale, inaugurato nel dicembre 2008, che Peppe mi dice di aver più volte cercato di visitare, ma che ha sempre trovato chiuso. Questa volta invece è aperto, l’ingresso è gratuito ed entriamo, facendo spallucce alle raccomandazioni della responsabile, che ci raccomanda di far presto che deve chiudere dopo mezzora.
L’esposizione è senz’altro ricca, ci sono sezioni dedicate alla flora e alla fauna del territorio, al passato vulcanico, agli scavi geologici e paleontologici – c’è perfino un cenno sull’opera del Professor Borzatti ad Atella. Ma sembra quasi che il Museo sia ancora in fase piuttosto arretrata di allestimento: scarseggiano le indicazioni, le spiegazioni sono quasi del tutto assenti o comunque troppo stringate perché un visitatore medio possa capire e ricordare qualcosa. Se non ci fosse Peppe che studia Scienze naturali, spesso non avrei la più vaga idea di che cosa mi trovo davanti. Emblematica una tavola che contiene cubetti del legno di ogni tipo di albero presente nella zona: non c’è scritto a che alberi appartengono! E lo stesso vale per una tavola contenente decine di tipi di farfalle, tutti privi di indicazione.
All’uscita, dopo aver subito i rimbrotti della responsabile del Museo per il ritardo, Peppe promette che tornerà presto per fare una chiacchierata su possibili miglioramenti – assolutamente necessari secondo me. Ma gli viene risposto in burocratese: “Sì sì, le diamo il questionario”, e ci rendiamo entrambi mestamente conto che la “responsabile” del Museo di Storia naturale non ha la minima cognizione né di musei, né di Storia naturale.
Se a questo si aggiunge la scoperta che il Museo, fuori dal periodo estivo, è aperto soltanto nei weekend, si completa il quadro di una regione con potenzialità enormi in termini di bellezze naturali e di monumenti, potenzialità frustrate da una gestione approssimativa e incompetente: sembra quasi che le Istituzioni “non ci credano”, ma più probabilmente hanno semplicemente interessi più redditizi altrove. Che peccato.
Tramonta il sole dietro il Vulture, mentre ce ne torniamo a Lagopesole. Prima in volo tra i monti, poi dentro il vulcano: come giornata non è stata niente male.