Diffidente come sono nei confronti dell’amministrazione della giustizia, non sono tra quelli che all’indomani della sentenza sul Lodo Alfano hanno fondato gruppi su Facebook e cantato le lodi della Corte Costituzionale nemica del tiranno. Non certo per sminuire quella sacrosanta sentenza, ma – pensavo – la vita di quante persone “normali” sarebbe stata anche solo minimamente toccata da quella legge? Intendo persone che faticano a trovare un lavoro stabile, a pagare un mutuo e mantenere una famiglia. Pochissime, credo. Ai miei occhi, devo ammetterlo, questa considerazione sminuiva un po’ quella sentenza.
Paradossalmente (ma forse non troppo) molto meno pubblicizzata è stata un’altra pronuncia della Corte, la n. 214 del 22 luglio scorso, per la quale i nostri Eroi meritano invece un applauso.
Con questa sentenza la Corte ha deciso la questione di costituzionalità di una norma, introdotta con la famigerata legge 112 del 2008 (la stessa dei tagli all’Università), che in sostanza liberalizzava la facoltà dei datori di lavoro di stipulare contratti a termine, rendendo ridicole le sanzioni in caso di violazione dei relativi requisiti.
Ebbene, non solo la Corte Costituzionale ha dichiarato illegittima quella norma, ripristinando le più gravi sanzioni precedenti, ma ha dettato un’interpretazione piuttosto rigida dei casi in cui il contratto a termine è in astratto valido. In particolare, per il caso – molto frequente – in cui la causale della previsione del termine (che deve essere sempre espressa per iscritto perché il termine sia valido) è costituita da “ragioni sostitutive” di personale assente, la Corte ha stabilito esplicitamente che
considerato che per “ragioni sostitutive” si debbono intendere motivi connessi con l’esigenza di sostituire uno o più lavoratori, la specificazione di tali motivi implica necessariamente anche l’indicazione del lavoratore o dei lavoratori da sostituire e delle cause della loro sostituzione; solamente in questa maniera, infatti, l’onere che l’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 368 del 2001 impone alle parti che intendano stipulare un contratto di lavoro subordinato a tempo determinato può realizzare la propria finalità, che è quella di assicurare la trasparenza e la veridicità della causa dell’apposizione del termine e l’immodificabilità della stessa nel corso del rapporto.
In pratica, afferma la Corte, quando un’azienda fa un contratto a tempo determinato, e indica come causale la sostituzione di lavoratori assenti, deve obbligatoriamente indicare, fin da subito, il nome dei singoli lavoratori che verranno sostituiti, giorno per giorno. Se non lo fa, il lavoratore assunto a tempo determinato ha diritto a ottenere che il rapporto sia considerato fin dall’inizio a tempo indeterminato – e, se nel frattempo il termine era scaduto ed era stato lasciato a casa, a essere richiamato in servizio ottenendo anche la retribuzione per il periodo in cui non ha lavorato.
La sentenza è tanto più importante perché contraddice l’interpretazione che la Corte di Cassazione (e, a ruota, la maggior parte dei giudici del lavoro) dava di questa norma. Non solo, oltre che ai contratti a termine il principio si applica anche ai contratti interinali (più correttamente, di lavoro temporaneo in somministrazione). Ecco, questa è una sentenza che può incidere sulla vita delle persone normali.
Ad esempio, la signora E.B. aveva fatto ricorso contro Autostrade per l’Italia per ottenere un contratto a tempo indeterminato come casellante, dopo aver lavorato un paio di stagioni come interinale. La signora E.B. mi scriveva, di tanto in tanto, chiedendomi notizie anche quando non ce n’erano e dicendomi che avrebbe pregato perché la causa andasse bene.
Beh, non credo c’entrino le preghiere, ma ieri il Giudice del Lavoro ha accolto il ricorso, dichiarando illegittimo il primo dei contratti in somministrazione perché non erano indicati, nel contratto, i nominativi dei lavoratori sostituiti. Il Giudice ha fatto capire chiaramente che, se non ci fosse stata la sentenza della Corte Costituzionale, avrebbe deciso diversamente: ma tant’è.
Così ieri pomeriggio mi sono tolto la soddisfazione di telefonare alla signora E.B. e dirle che ha ricevuto un bel regalo di Natale: un posto di lavoro a tempo indeterminato (e parecchi -mila euro di risarcimento). Viste le premesse, una specie di miracolo di Natale.
Anche se continuerò a non iscrivermi al gruppo e a non diventare fan su Facebook, e anche se non ho dubbi che capiteranno anche sentenze sfavorevoli, per questa volta mi associo negli elogi: grazie Corte Costituzionale!