Avatar

Il film del momento è senza dubbio Avatar. Uscito una decina di giorni fa, io l’ho visto da una settimana ma non ho avuto tempo prima di oggi per scrivere le mie impressioni. Nel frattempo, nella mailing list di Valerio Evangelisti il film è stato oggetto di una thread lungo almeno un centinaio di mail in cui il tema è stato sviscerato sotto tutti gli aspetti, e su Fantasy Magazine l’ottimo Emanuele Manco ha scritto una recensione approfondita e condivisibile.

Non mancheranno quindi, in questo mio commento, spunti e osservazioni già sentite o lette altrove.

Del resto, non mancano nel film di Cameron concetti e immagini saccheggiati a piene mani da opere precedenti: se può copiare lui (incassando milioni di dollari nei botteghini di tutto il mondo) non vedo perché non possa farlo io…

Premetto che Avatar l’ho visto nel formato in 3D al multisala di Montebello (PV). Era la mia seconda prova col 3D (a Natale avevo visto A Christmas Carol, in un altro cinema), e la prima mi aveva lasciato decisamente soddisfatto: nessun mal di testa, nessuna particolare difficoltà di adattamento alla visione tridimensionale.

Anche il secondo tentativo ha superato il test a pieni voti. Il film del resto è evidentemente fatto apposta per il 3D e, anche se mi manca la controprova, credo proprio (a differenza di Emanuele) che la visione bidimensionale non renda altrettanto pienamente la bellezza dell’ambientazione.

Il punto forte di Avatar, infatti, sono proprio le immagini, di una potenza visiva da togliere il fiato. Nulla di nuovo, dal punto di vista concettuale: ogni fotogramma di Pandora, il pianeta sul quale la vicenda è ambientata, rimanda a cose già viste, non soltanto film ma anche dipinti (su tutti il Magritte di Le Château des Pyrénées, come giustamente nota anche la recensione su Fantasy Magazine). Ma la realizzazione tecnica, con gli effetti speciali curati dalla Industrial Lights and Magic di George Lucas, sfiora la perfezione, al punto che sarebbe emozionante anche solo vedere le immagini in sequenza senza nessuna trama. Una vera festa per gli occhi come, a mio giudizio, dovrebbe essere ogni film. Non a caso, nonostante il tutto duri quasi tre ore, ho sentito davvero poche persone dire che si sono annoiate, e personalmente non mi sono stancato affatto.

Tanto per chiarire sul punto: per me vale la pena vedere Avatar – e vederlo al cinema su uno schermo gigante – anche soltanto per le immagini e gli effetti speciali.

Rebus peraltro mi dice – e non fatico a crederlo – che al cinema Arcadia di Melzo (ah! quanti ricordi!) la visione in 3D è ancora più perfezionata, con un sistema di occhiali “attivi” collegati a un sensore dietro lo schermo. Da provare la prossima volta.

(DA QUI IN POI CI SONO SPOILER, CHE PERÒ NON DOVREBBERO IMPEDIRE DI APPREZZARE IL FILM).

Se *non* vi interessano gli effetti speciali, ma volete andare a vedere un film dalla trama ricca di colpi di scena sorprendenti e originali, il mio consiglio è: lasciate perdere Avatar. Dalla prima scena non solo si indovina il finale, ma si intuiscono anche le probabili “svolte” narrative: quelle più probabili si avverano tutte. I dialoghi sono costantemente prevedibili (a meno che io abbia il dono della preveggenza: proverò con il Superenalotto), i personaggi fanno tutto ciò che fin dall’inizio ci si aspetta che facciano.

Spulciando qua e là tra le mail, ho trovato interpretazioni divertenti: dalle analogie con i Puffi (“c’è un popolo che vive felice nel proprio isolamento. Hanno la pelle di colore blu e parlano in modo strano. Poi un cattivone decide di rovinare la loro serenità e clona uno di loro per distruggerli. Ma alla fine il clone/robot/avatar si innamora del loro modo di vivere e vuole rimanere con loro“: grazie “Bubba”, cito per esteso perché è geniale!) alla sovrascrittura di Pocahontas (grazie “Paul White” per la segnalazione altrettanto spassosa), alle interpretazioni freudiane (il protagonista umano impotente che grazie al viagra/avatar blu riesce a cavalcare l’uccellone alato: grazie Zironi).

Insomma, oltre che banale, la trama è anche tutto fuorché originale. Nella scena madre della battaglia tra i nativi Na’Vi (e tutto il pianeta in effetti) e gli invasori umani rivedo ad esempio la resistenza dei Naboo/Gungan all’esercito dei droidi ne La minaccia fanatasma, che del resto era una riedizione aggiornata di quella degli Ewok alla truppe imperiali ne L’Impero colpisce ancora. A guidarla – e a dimostrare che gli indigeni da soli non avrebbero potuto farcela – lì i Jedi, qui un marine buono e particolarmente in gamba. Ma si sa che io vedo Guerre Stellari pure nelle tele di Bosch.

Ma se la storia è banale e di per sé poco coinvolgente, forse non si può dire altrettanto del messaggio veicolato dal film. Su questo punto in particolare è accesa la polemica nella mailing list eymerichiana, tra i denigratori assoluti che accusano Cameron di aver realizzato “un minestrone privo del minimo stile e spessore … il trionfo della superficialità” e quanti invece vi leggono un intento educativo,ecologista e antimperialista, tanto più meritevole in quanto destinato ai milioni di spettatori di un vero e proprio blockbuster invece che ai soliti quattro gatti che guardano le pellicole impegnate.

Personalmente non ho trovato in Avatar un grosso impegno sociale o morale. Certo, si è portati a prendere le parti degli indigeni rispettosi della natura e connessi anche fisicamente con l’entità-pianeta (bravo Mauro, anche a me ha ricordato moltissimo lo xenofungo e la rete neurale di Alpha Centauri: gran gioco tra l’altro, un giorno o l’altro lo recupero). Viva l’ecologia e abbasso l’imperialismo distruttore, ok. Probabilmente è ingeneroso ridurre a questo tutto il messaggio del film, in cui compaiono del resto anche altri temi di grande impatto: l’esodo dei Na’Vi scacciati dalla loro casa-albero (al pari degli ebrei dopo la distruzione del Tempio, o più probabilmente come i nativi americani sterminati dagli yankee), la critica per nulla velata al militarismo in stile-Bush (e pure Obama, per la verità). Ma soggettivamente non sono rimasto particolarmente impressionato da messaggi più profondi, un po’ perché sono resi in modo banale, e molto probabilmente perché sono schiacciati dalla bellezza spettacolare e autosufficiente delle immagini.

D’altra parte, molte persone mi hanno detto di essere state addirittura sconvolte dal messaggio del film, e al cinema più di qualcuno aveva le lacrime agli occhi per la commozione. Tutti stupidi ipnotizzati da specchi e vetri colorati? Non credo. Non me la sento allora di emettere una sentenza, e mi limito a osservare che, piaccia o no, Avatar ha suscitato emozioni e riflessioni in milioni di persone nel mondo.

È più di quanto si possa dire della maggior parte degli altri film: e non parlo solo di BloodRayne o di Natale a Bereguardo, ma anche di Terminator Salvation (che *non* è di Cameron, come ricorda giustamente Antigas)…

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4 comments

  1. anche io l’ho trovato molte scopiazzature da guerre stellari… scusa ma gli esseri volanti che assomigliano cosi tanto agli X-Wing?

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