Articolo scritto insieme a Cristina Castagnola per il terzo numero di Bonarda.
“UN TRENO TUTTI I GIORNI PASSAVA PER LA SUA STAZIONE”
Avesse dovuto aspettare un treno pendolari sulla tratta Pavia-Milano, l’eroe de La Locomotiva di Guccini sarebbe ancora vivo.
Sono diecimila i pavesi che ogni giorno affrontano un vero e proprio viaggio della speranza per recarsi al lavoro: un esercito composto in gran parte di impiegati, si muovono tra le sette e mezzo e le nove del mattino all’andata, e tra le sei e le otto di sera al ritorno, spendono non meno di 50 Euro al mese, ma spesso e (mal)volentieri anche parecchio di più.
Per capire quali siano le problematiche che questo esercito consuetudinario deve affrontare ogni giorno, sarebbe sufficiente seguire il loro percorso in diretta (in certi casi particolarmente “fortunati” può bastare una volta sola).
Prova empirica a parte, però, abbiamo potuto inquadrare meglio la questione grazie ai numeri e alle statistiche fornite da Iolanda Nanni, portavoce del Coordinamento Provinciale dei Pendolari di Pavia e Provincia.
Fra i disagi maggiori in cui un pendolare rischia di imbattersi, vi è senza dubbio quello legato ai ritardi: il tempo medio di ritardo maturato dai treni che rientrano nelle fasce citate è di 10 minuti, con picchi di un’ora in alcuni casi, e con la sventurata possibilità di tendere all’infinito in caso di maltempo e neve.
Eppure non si può certo dire che TLN (ex Trenitalia, ora Trenitalia – Le Nord) se ne stia con le mani in mano. Da metà dicembre 2009, infatti, per ridurre i ritardi delle tratte in questione ha pensato bene di allungare “sulla carta” i tempi di percorrenza del tragitto tra le due stazioni di Milano Rogoredo e Centrale: dopo la deriva dei continenti, adesso anche la deriva delle stazioni. In realtà, è uno sgamo per evitare di dover risarcire i pendolari erogando il bonus per i ritardi, che scatterebbe mensilmente al superamento del 10% di ritardo medio sull’intera tratta.
Inoltre, la disorganizzazione con cui è stato “pensato” questo nuovo orario (ad esempio, con l’anticipazione di treni cruciali che diventano così inutilizzabili da molti utenti, legati agli orari di lavoro, e il conseguente sovraffollamento dei treni successivi) ha acuito un’altra spina nel fianco dei pendolari: in realtà non di spina si tratta, ma del gomito degli altri passeggeri, tutti spesso costretti in piedi in un fazzoletto per la sistematica insufficienza di posti e carrozze.
Emblematico è l’episodio verificatosi il 13 gennaio scorso nella stazione di Rogoredo, quando i viaggiatori in attesa del treno per Stradella delle 18.25 si sono visti giungere un treno di sole tre carrozze, del tutto insufficiente a servirne la portata, e per di più con le porte di uno dei tre convogli rotte. Risultato: insulti e rissa sfiorata tra i pendolari saliti e quelli rimasti a terra, e più che comprensibile occupazione dei binari da parte di questi ultimi, in segno di protesta, senza’altro, ma anche e soprattutto di disperazione.
Diminuisce il comfort ma aumentano i prezzi: sono più che raddoppiati i biglietti degli Intercity, come risultato effettivo dell’eliminazione delle convenzioni agevolate destinate fino al 2009 ai viaggiatori pendolari. Gli intercity, del resto, non possono certo essere considerati treni di lusso, dal momento che spesso rappresentano l’unica soluzione per spostarsi in certe fasce orarie.
Ciliegina sulla torta sono le condizioni dei convogli e del loro interno: sistemi di riscaldamento impazziti che rendono le temperature urenti, o rotti che le rendono polari in inverno, e carrozze con finestrini sigillati, e quindi roventi, in estate.
Il tutto condito da una malsana e incivile sporcizia, che rappresenta bene l’immagine di un sistema contaminato purtroppo non soltanto sulla superficie.
Di chi sono le responsabilità per questa desolante situazione? Naturalmente, il primo “colpevole” è Trenitalia, responsabile (insieme a Rete Ferroviaria Italiana che si occupa specificamente delle infrastrutture) del disservizio ferroviario. Non è soltanto la stupidità a guidare le scelte delle due società sorte dalla privatizzazione delle FF.SS. nel 1992. È invece forse proprio la privatizzazione del servizio a spiegare la politica di Trenitalia, che preferisce evidentemente investire in settori ad alto profitto e “di immagine”, come l’alta velocità (i famigerati Frecciarossa), piuttosto che in quelli meno redditizi come i trasporti locali per i pendolari. Tanto, i pendolari il treno lo devono prendere lo stesso, anche se cade a pezzi e non arriva mai.
Lo stesso vale per RFI, che sta sì rimodernando le stazioni, ma senza tenere in minima considerazione le esigenze dei cittadini. Emblematico il caso della stazione di Pavia, dove manca una sala d’aspetto e non è mai entrato in funzione l’ascensore per i disabili, ma in compenso sono stati spesi 900.000 euro (novecentomila!) per i nuovissimi monitor disseminati ovunque che trasmettono pubblicità a ciclo continuo.
Ma non vanno taciute le responsabilità delle Amministrazioni pubbliche, e in particolare della Regione Lombardia, sotto un duplice profilo: quello delle agevolazioni ai cittadini, progressivamente ridotte negli ultimi anni (anche per evitare di far concorrenza a Trenitalia!) e quello dei finanziamenti al trasporto pubblico, del tutto inadeguati alle necessità del servizio. Ma il problema non è soltanto la quantità di denaro stanziato, ma il controllo successivo su come venga speso da Trenitalia e RFI. Nell’anno 2009, ad esempio, sono stati erogati oltre cento milioni di euro teoricamente destinati al miglioramento degli arredi dei treni regionali: ma di questo miglioramento non c’è davvero alcuna traccia.
Anche le Amministrazioni locali sono naturalmente coinvolte nei servizi per i pendolari, in particolare per quanto riguarda l’accesso alle stazioni. Non brilla certo in questo senso il Comune di Pavia, che con i recenti tagli sulle linee degli autobus (su cui vedi l’articolo a fianco) renderà più scomodo a non poche persone il tragitto casa-stazione e viceversa. A maggior ragione data la cronica mancanza di parcheggi gratuiti, servizi navetta e di bike-sharing.
Il Comitato Pendolari, costituito a Pavia nel 2003, è tuttora un tentativo embrionale di dare voce e rappresentanza agli utenti più numerosi e trascurati del trasporto ferroviario. Recentemente è stato chiamato a partecipare a diversi tavoli di confronto con Trenitalia e le Amministrazioni coinvolte. Si tratta senza dubbio di un passo avanti, e ci auguriamo che possa giocare un ruolo importante. Ma finché il criterio che guida la gestione dei trasporti ferroviari sarà quello del profitto (e non potrà che essere così fino a quando a gestire il servizio sarà l’imprenditoria privata) sarà difficile risolvere i problemi fondamentali.
E al nord Italia state ancora messi bene, La invito a dare uno sguardo alla tratta Napoli – Roma il lunedi’ mattina.
Poveri noi, l’unica cosa che ammodernano sempre è il prezzo dei biglietti, per il resto siamo solo bestie per carri bestiame.