Ieri, 29 settembre, Silvio Berlusconi ha ricevuto come regalo di compleanno la fiducia della Camera dei Deputati al programma di governo, dopo aver fatto appello all’opposizione perché collabori con la maggioranza “come per il voto sulle missioni militari”. A scanso di dubbi l’Unto si è comprato sette parlamentari tra UDC e API (il partito centrista di Rutelli), tra i quali – sorpresa, sorpresa – quel Massimo Calearo già presidente di Finmeccanica in Veneto e all’epoca portato in palmo di mano da Veltroni nel PD. Pare che Veltroni ci sia rimasto male. Un vero stratega, eh? Il nuovo partito del fascista Gianfranco Fini, Futuro e Libertà, ha comunque concesso un sostegno tanto peloso che quasi tutti i commentatori commentano che a marzo si andrà comunque alle elezioni. Brutta tegola per il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, primo ex comunista a occupare la più alta carica dello Stato, che si era appena congratulato per la continuità della legislatura.
Ieri, 29 settembre, mentre la Camera dei Deputati distraeva l’attenzione di tutti con il teatrino sulla fiducia, il Senato zitto zitto ha approvato con modificazioni il famigerato “collegato lavoro“, cioè il disegno di legge sulla controriforma del diritto del lavoro a suo tempo tanto indecoroso da essere rinviato alle camere da Napolitano. Una classica “Kansas City Shuffle”, la definirebbe Alessandra Daniele. Il disegno di legge, che adesso si chiama 1167-B/BIS, tornerà adesso per l’ennesima volta alla Camera per l’approvazione (forse) definitiva. Ecco un buon esempio della differenza tra forma (l’inutile teatrino) e sostanza (la dannosa controriforma). La CGIL aveva organizzato qualche giorno prima un sit in davanti al Parlamento e diramato un paio di comunicati stampa, ma poco altro.
Ieri, 29 settembre, i lavoratori spagnoli, greci e belgi, oltre a quelli francesi che già da qualche settimana sono in agitazione, hanno mostrato alla CGIL (se solo la CGIL avesse prestato loro attenzione!) come si fa ad opporsi agli attacchi ai loro diritti: sciopero generale! L’obiettivo erano le varie manovre “anti-crisi” imposte dall’Unione Europea per il risanamento dei conti: ovunque, innalzamento dell’età pensionabile e congelamento dei salari. Chiaro che “uno sciopero non fa autunno caldo”, ma sono convinto che sia stato soltanto il primo passo di una lotta che durerà a lungo, con un finale non ancora scritto. Questo anche per dire che in Italia non saranno certo i cialtroni che siedono sui banchi dell’opposizione in Parlamento – e probabilmente neppure la “sinistra ex-parlamentare” (splendida definizione di non ricordo chi) – a dare una risposta all’altezza degli attacchi che stanno subendo i lavoratori. Le mie speranze le ripongo piuttosto nella FIOM, che si prepara nell’isolamento generale (persino la CGIL le dà contro!) a scendere in piazza il 16 ottobre.
Ieri, 29 settembre, era tempo di bilanci in Venezuela dopo le elezioni parlamentari dello scorso weekend. Il PSUV di Chavez ha mantenuto la maggioranza, ma non ha ottenuto quella qualificata dei due terzi che era l’obiettivo dichiarato della consultazione, mentre l’opposizione (ex?) golpista ha rialzato pericolosamente la testa. Non a caso, la stampa di tutto il mondo – in prima fila quella italiana – esultava per “la fine della dittatura”. Il Partito Democratico, per bocca della sua “responsabile per l’America Latina” Francesca D’Ulisse, non perde occasione per mostrarsi la porcheria ultraliberista che è ed esulta pure lui. Io invece non esulto, ma leggo qui considerazioni che condivido pienamente.
Oggi, 30 settembre…”