Il 16 ottobre la FIOM scenderà in piazza a Roma insieme a numerose altre associazioni e ai partiti di sinistra (naturalmente non il PD) in difesa dei diritti di chi lavora e del contratto collettivo (stracciato da Federmeccanica tra gli applausi di FIM-CISL e UILM), contro gli attacchi sempre più violenti del padronato e del Governo.
Naturalmente, tutti i principali mezzi d’informazione alternano il silenzio a campagne mirate a screditare l’autorevolezza e l’importanza del sindacato. Da ultimo, la FIOM è stata ritenuta responsabile dell’imbrattamento di alcune sedi della CISL, ed è stato montato ad arte un “caso” totalmente sproporzionato alla reale (pressoché nulla) gravità dei fatti.
La FIOM è oggi in Italia l’unico soggetto in grado di aggregare una vera opposizione, radicata nel movimento operaio e capace di farne avanzare la consapevolezza: per questo la manifestazione del 16 è uno snodo cruciale – molto più dei teatrini parlamentari – nella politica del nostro Paese. Per questo tutte le forze appartenenti al fronte opposto – con la collaborazione perfino di settori della stessa CGIL! – da mesi, se non da anni, lavorano alacremente per isolare il sindacato dei metalmeccanici.
In vista del 16 ottobre, ho pensato che il contributo migliore che io possa dare dalla piccolissima tribuna di AvvocatoLaser sia raccontare un esempio concreto, una storia vera nelle parole di una persona che l’ha vissuta, non senza contraddizioni (come tutte le storie reali): secondo me mostra in modo emblematico tutti i motivi per cui è giusto schierarsi al fianco della FIOM, contro i padroni e chi li serve. È il racconto che mi ha inviato quest’estate un’amica lucana degli ultimi mesi della LASME 2 di San Nicola di Melfi, la fabbrica di cui avevo seguito le vicende circa un anno fa. Lo pubblicherò in tre puntate tra oggi e il 16 ottobre, sperando possa interessare i lettori quanto ha commosso me.
DIARIO DI UN’OPERAIA – PRIMA PARTE
Comincia il presidio
Nel 2009 andiamo in ferie il 31 luglio, io riesco a non tornare dalla maternità perché c’è cassa integrazione, il 1° agosto è sabato e anche il primo giorno di ferie, Giuseppe riceve la telefonata del delegato FIOM Vito Buglione messo in allarme da uno dei responsabili dell’impianto, tutto preoccupato per le sorti del lavoro e dello stabilimento in sé a rischio smantellamento.
Quando Giuseppe scende trova un gruppetto di persone e pare bisognerà organizzarsi per evitare di lasciare libero l’ingresso della LASME, sia di notte che di giorno.
Io cado dalle nuvole, il 22 luglio il responsabile del personale Bertocchi aveva assicurato che l’azienda non aveva nessuna intenzione di lasciarci senza lavoro, ora vuole caricarsi pure le linee… Giuseppe comincia a stare davanti ai cancelli insieme agli altri dalla mattina alla sera, mentre Bertocchi tergiversa sulla reale situazione, anzi dice di dispiacersi per gli operai “che passano le loro meritate ferie davanti l’azienda senza alcun motivo”… (queste sono state le parole che ha usato con Vito).
Il primo incontro si tiene intorno al 10 agosto e finalmente Bertocchi si sbottona mettendoci al corrente che la società era ormai in liquidazione da settimane. Io scendo alla LASME visto che Giuseppe è all’incontro e i commenti che sento sono sui turni e sulla necessità che le mogli delle coppie di lavoratori partecipino al presidio (tipico dei colleghi, sarà un caso parlarne davanti a me?) e sul fatto che gli operai ell’ex DUCATO avessero esortato Vito Buglione a non lasciare l’azienda l’ultimo giorno di lavoro per trattenere almeno Bertocchi. Si dice che le cose non quadravano da tempo,che avevano pure fatto la scorta degli alzacristalli della PUNTO (la linea DEA ha lavorato sui tre turni per alcuni mesi prima delle ferie).
Scendono alcuni politici, il primo è Nicola Pagliuca, del PdL. Ci sostengono molto, devo ammettere, il Comune di Melfi, quello di Rionero, in parte anche quello di Lavello, i lavoratori della BARILLA e della GAUDIANELLO oltre ovviamente a RIFONDAZIONE: ma questo forse lo ricordano in pochi, di come siano stati gli unici a passare interi turni con noi, a mandarci la pasta, a passare ferragosto insieme a noi. Ma io sono di parte. Ferrero è uno degli ultimi a venire a trovarci, quando già la stanchezza e la divisione cominciano a farsi strada.
Fa ancora caldo ed entriamo in azienda: metterci in ginocchio per i Pellegri è solo questione di tempo, e per i politici locali solo questione di soldi o favori.
Mentre alcune amministrazioni comunali cercano di difenderci e pensare anche a eventuali soluzioni per chi sia rimasto “col sedere per terra”, il sindaco di Lavello se ne esce dicendo che nell’insediamento industriale di S.Nicola di Melfi si assiste a episodi di ‘lavativismo’ collettivo: permessi sindacali, elettorali, malattie e chi più ne ha più ne metta, giustificando nella sostanza quello che sta accadendo. Forse gli sfugge che i permessi elettorali fanno comodo più alla politica che agli operai, che ci sono sindacati che i permessi dei loro direttivi li concordano con i direttivi stessi e/o l’azienda e che stare su una catena di montaggio non è come andare al consiglio comunale: ma del resto lui ha solo lavoricchiato saltuariamente e si occupa di restauro mobili a nero – che da noi è un’attività abbastanza redditizia, dai 500 euro in su a pezzo. Grazie a Dio lo sdegno è collettivo.
CONTINUA