(ovvero: inutile che ammicchi, tanto faccio finta di non conoscerti)
Dalla Sala Energia dell’Arcadia di Melzo è difficile uscire troppo delusi. Sullo schermo più grande d’Italia si può godere un 3D talmente sofisticato che dopo pochi minuti ci si sente tutt’uno con la profondità delle immagini, tutto accompagnato da un audio che non è esagerato definire commovente. L’effetto è grandioso, un’esperienza coinvolgente, totale, indimenticabile.
Ma già all’altezza del parcheggio il senso di meraviglia si dirada, il velo di stupore si solleva, e Tron – Legacy appare per quello che è: una bellissima scatola completamente vuota.
La storia
Come tutti sanno, stiamo parlando del reclamizzatissimo sequel di Tron, visionario film diretto da Steven Lisberger e prodotto dalla Disney nel lontano 1982, pietra miliare della computer-grafica applicata al cinema e causa di innumerevoli incubi nella mia infanzia (ok, questo forse non lo sapevano tutti). Nel film originale il geniale programmatore di videogiochi Kevin Flynn entrava nella “rete” e con l’aiuto del valoroso programma Tron liberava il mondo virtuale dalla tirannia del malvagio programma Master Control (è lui! è lui che ha infestato i miei sogni per anni!). Tornato nel mondo reale, Flynn scalzava il perfido Dillinger dal vertice del colosso informatico ENCOM e tutti vivevano felici e contenti. Già, dirà chi non ha visto quel film: Tutto qui? Tutto qui. Eppure Tron ha segnato un’epoca per certi aspetti anticipandola, ha rivoluzionato la tecnica degli effetti speciali, ha inciso profondamente nell’immaginario di una generazione – o perlomeno dei nerd di quella generazione.
Tron – Legacy è il figlio bello ma scemo di Tron (quello che di solito piace alle ragazze: chissà che non fosse questo l’obiettivo). Vent’anni dopo la misteriosa scomparsa di Kevin Flynn, lo scapestrato figlio Sam finisce digitalizzato nella rete, come già era accaduto al padre. Il Master Control non c’è più, ma il suo posto di tiranno è stato ereditato dal programma CLU, a suo tempo creato da Flynn a propria immagine e somiglianza per progettare “la rete perfetta” e successivamente ribellatosi al creatore.
Il vecchio Flynn è rimasto prigioniero nel mondo virtuale, dove è diventato una specie di Obi Wan Kenobi in esilio su Tatooine, con tanto di atarassia zen, veste talare e superpoteri. Si è inoltre dotato di un’assistente strafiga (Olivia Wilde) che dà tutta l’impressione di valere più di quanto sembri. Flynn jr. trova il padre e proverà a riportarlo nel mondo reale, per poi riprendersi la ENCOM nel frattempo diventata una specie di Microsoft ancora più antipatica.
Perché CLU si è ribellato? Perché Flynn non ha mai provato ad andarsene prima? Come è possibile che CLU non sia mai riuscito a trovare Flynn in tutti questi anni? Chi è veramente l’assistente strafiga? Che fine ha fatto il vecchio Tron? La chiave di tutto sembra essere la misteriosa comparsa nel mondo virtuale, tanti anni prima, di una ancor più misteriosa “specie”, gli Iso. Peccato che questa chiave non apra nessuna porta: nulla viene spiegato sulla natura, le origini e soprattutto l’importanza di questi Iso, di cui sappiamo soltanto che “cambieranno la vita nel mondo reale”. Come, non si sa.
Sotto l’omaggio niente
Complice la tecnologia dell’Arcadia, Tron Legacy è un film bello da vedere. Dal punto di vista degli effetti speciali insomma, come del resto prevedibile, nulla da dire. Anzi, sì: va detto che alla luce del sequel appare ancora più evidente la genialità visionaria dell’originale, la sua modernità in netto anticipo sui tempi. Mentre Lucas, per mascherare la distanza tecnologica tra prima e seconda trilogia, ha dovuto rivestire graficamente i suoi primi tre film (operazione peraltro discutibilissima), qui non è stato necessario: il Tron del 1982 potrebbe uscire domani e fare la sua porca figura. Legacy è ovviamente altra cosa e fa uno sfoggio smodato di trent’anni di progresso negli effetti speciali. Ma c’è una cura maniacale nel mantenere identico lo stile dell’originale: è il più evidente e gradito degli omaggi insieme alla presenza di Jeff Bridges, nella doppia veste digitale/giovane e reale/vecchio.
Ma gli sceneggiatori di Tron Legacy non si sono limitati a omaggiare il “padre”. Si sono guardati in faccia, hanno fatto la conta dei film fantastici che avevano visto in passato e hanno deciso di citarli tutti. Alla rinfusa e senza la minima ragione.
Evidentemente a molti degli sceneggiatori piaceva Star Wars e no, non sono io che ce lo vedo da tutte le parti. Non bastasse la morale zen e l’abbigliamento del vecchio Flynn, ci sono scene intere riprese pari pari: tra tutte l’inseguimento sulla navetta spaziale, con il padre che manda il figlio “alla torretta, ragazzo” per abbattere con la mitragliatrice i caccia nemici. Ci sono perfino le spade laser doppie, tanto che certi combattimenti sembrano “Xena principessa guerriera vs. Darth Maul”.
Ma c’è anche molto (del peggio) di Matrix: la filosofia new age che inopinatamente pervade tutto il film (forse Jeff Bridges è rimasto affezionato al personaggio che interpretava nell’Uomo che fissa le capre), il livello penoso dei dialoghi e soprattutto l’irritante Castor con il suo locale in bianco e nero che sembrano ricalcati dall’altrettanto fastidioso Merovingio (il marito di Monica Bellucci).
Non manca neppure Batman (oltre alla comparsata dello Spaventapasseri Cillian Murphy nel ruolo del perfido figlio del perfido Dillinger) con la città virtuale che ricorda la cara Gotham City e perfino una batmobile digitale che porta il figlio di Flynn al nascondiglio segreto del padre.
Non sono io a essere fissato, è che proprio tutti questi riferimenti te li buttano in faccia, senza spiegazioni e senza “discrezione”. Come un vicino di sedia un po’ grossolano che fa una battuta greve, strizza l’occhio perché vede che non stai ridendo, e dal momento che continui a non ridere ti prende a gomitate (o come nello sketch dei Monty Python “Wink wink nudge nudge“).
E la triste verità è che dietro queste citazioni, oltre le luci colorate degli effetti speciali, non c’è assolutamente nulla, manca una storia dotata di senso compiuto e manca un’idea anche solo lontanamente paragonabile a quella straordinaria del Tron originale.
Emblematicamente, manca pure Tron, ridotto a una particina di comparsa particolarmente insulsa: era buono, è stato corrotto dal dittatore che l’ha reso cattivo (come? boh!), torna buono all’ultimo istante (perché? boh!) e salva gli eroi, sacrificandosi nel gesto. Ricorda qualcosa?