Primo febbraio: come ogni mese, tempo di rinnovare l’abbonamento del treno per me e altre decine di migliaia di pendolari nella sola Lombardia. In stazione un solo sportello aperto: ma non l’hanno imparato che la mattina del primo giorno di ogni mese c’è più gente in fila? Forse no, ma più probabilmente è solo che non gliene importa niente.
Dopo una mezzora abbondante, durante la quale ho visto sconsolato arrivare e ripartire almeno due treni, sorpresa! Da febbraio l’abbonamento si paga 6 Euro in più, con un aumento di oltre il 10%*. Sbuffando tiro fuori i soldi, sentendomi come un passeggero della diligenza rapinato dai banditi, nel Far West. Peccato che sulla diligenza non ci sia ancora neppure salito.
Ma eccolo, il treno. Come sempre, è il Far West (appunto): la calca si affolla davanti ai portelli, qualcuno impreca perché si trova esattamente a metà fra due aperture, altri perché la porta davanti a cui sono fermi “non è funzionante”, altri ancora perché il treno è troppo corto e si è fermato 30 metri avanti a loro. Già, questa è una novità degli ultimi mesi: più volte che no il convoglio ha un paio di vagoni in meno che in precedenza, cioè tre o quattro in meno del necessario per far sedere tutti.
E allora dove va a finire – si chiede l’umile pendolare appena tartassato dal rincaro e dagli spintoni per salire – il mezzo milione di Euro* che mensilmente passa dalle tasche dei pavesi a quelle di Trenitalia-Le Nord? Nella pulizia delle vetture? Direi proprio di no. Nella manutenzione dei bagni? Il simpatico lezzo che fuoriesce dal W.C. suggerisce di no. Nelle spese per il riscaldamento (d’inverno, e l’aria condizionata d’estate)? Neppure, dal momento che fa più freddo dentro che fuori. Il buon pendolare osserva tutti questi disservizi, ripensa all’aumento che ha dovuto subire (a spanne, altri 60.000 Euro alle Ferrovie) e gli girano le palle.
Che fare dunque? La via del dialogo è stata già intrapresa in tutta Italia e anche a Pavia da numerosi Coordinamenti: iniziative lodevoli ma evidentemente non abbastanza efficaci. Perché i padroni dei treni da quell’orecchio non ci sentono. Visto che a Trenitalia interessano soltanto i nostri denari, la proposta più immediata che mi viene in mente allora è quella di uno “sciopero” degli abbonamenti: se dal mese prossimo qualche migliaio di pendolari decidesse di non pagare più, a oltranza fino a quando non verranno ripristinati i servizi e abbassate le tariffe, allora sì che i gestori delle ferrovie se ne accorgerebbero!
Non è un piano originale, lo so. L’ostacolo principale, il vero motivo per cui finora il progetto non è riuscito, non è certo la mancanza di iniziativa dei vari comitati, quanto l’estrema difficoltà di coinvolgere un numero significativo di persone, di raccogliere una massa critica sufficiente a incidere per davvero e anche a “proteggere” chi sciopera: se sono in dieci stronzi a non pagare l’abbonamento, la cosa finirà semplicemente con qualche multa – oltre al danno la beffa! Se sono in tremila la faccenda è ben diversa.
Quello che occorre è un modo per sviluppare la solidarietà tra le migliaia di persone che ogni giorno ascoltano con la stessa trepidazione i messaggi dell’altoparlante che annuncia l’arrivo o il ritardo del treno, si pestano i piedi per trovare un posto a sedere, respirano la stessa aria irrespirabile nei vagoni, rimangono bloccate insieme in mezzo alla campagna tutte le volte che c’è un guasto al convoglio o sulla linea.
Come fare? Un’idea mi è venuta osservando con insolito distacco, qualche mattina fa, la scena consueta dell’arrivo del treno alla stazione di Pavia: le centinaia di persone che devono salire si schierano ai lati di ciascuna porta e fanno ala ai passeggeri che scendono. È come una cerimonia che si ripete identica a ogni carrozza ogni mattina ogni giorno.
Per un attimo, ho pensato che sarebbe divertente se chi deve salire, invece di schiamazzare e protestare perché quelli sul treno non sono abbastanza veloci sul predellino, facesse un applauso ai pendolari che scendono. In ogni stazione. Sarebbe come una catena: chi sale applaude chi scende e verrà applaudito quando a sua volta sarà arrivato. Potrebbe sembrare una presa in giro all’inizio – e senz’altro sarebbe dall’inizio alla fine una cazzata – ma se la cosa venisse spiegata magari con dei volantini, legata alla rivendicazione dei diritti dei pendolari e alla proposta di uno sciopero degli abbonamenti, se prendesse un minimo piede potrebbe anche avere un senso. Potrebbe essere utile anche a capire in quanti siamo a non poterne più dei soprusi di Trenitalia, su quanti possiamo contare, di qui a – che so – tre mesi, per organizzare uno sciopero efficace, collegando per di più i viaggiatori di tutta la tratta e non soltanto quelli che partono dal capoluogo. Ho anche già pronto il motto della campagna: “Un applauso per i pendolari!”.
Io la butto lì, e spero che qualcuno la raccolga (magari condividendo questo post): se l’idea piace a un po’ di persone – pendolari pavesi – si può cominciare a organizzarla per davvero. Pendolari di tutto il mondo unitevi!
* calcolato sul costo dell’abbonamento in seconda classe senza supplemento intercity nella tratta Pavia – Milano.
* calcolo a spanne, probabilmente per difetto: 50€ (costo dell’abbonamento in seconda classe senza supplemento prima del rincaro) per 10.000 pendolari.