AA.VV., Pomigliano non si piega
Ed. A.C. Editoriale, febbraio 2011
pp. 205, Euro 8,00
Il referendum del 22 giugno 2010 sull’accordo imposto da Marchionne ai lavoratori FIAT di Pomigliano ha segnato una pagina fondamentale della storia delle lotte operaie in Italia: la prima di un nuovo capitolo, che ha trovato nel referendum di Mirafiori dello scorso gennaio la sua immediata continuazione.
Su questi “accordi” si è letto e sentito di tutto e di più: televisioni e carta stampata si sono sostanzialmente divise tra chi sosteneva la tesi del “sacrificio duro ma necessario” e chi invece appoggiava in pieno il progetto Marchionne, accusando in sostanza gli operai fannulloni di Pomigliano e Mirafiori di essere i colpevoli della crisi economica. Tra tante voci, per lo più provenienti da giornalisti e politici che non hanno messo piede in fabbrica neppure un giorno in vita loro, nessuno o quasi si è premurato di chiedere direttamente agli operai della FIAT come gli accordi avrebbero cambiato, materialmente, le loro condizioni di lavoro e di vita.
Ecco perché il libro Pomigliano non si piega, pubblicato in questi giorni a cura del circolo PRC FIAT Auto – Avio Pomigliano, è una testimonianza in tutti i sensi eccezionale.
Si tratta di una raccolta di dieci testi. I primi otto, scritti da operai di Pomigliano, militanti della FIOM, forniscono una panoramica completa ed estremamente efficace del “mondo” dentro e intorno alla FIAT di Pomigliano: dalla vita di un operaio addetto alla catena di montaggio all’organizzazione delle lotte prima e durante la battaglia del referendum. Soprattutto, nell’efficacissima analisi di Antonio Di Luca, per la prima volta si può comprendere nei dettagli tecnici che cosa concretamente significa il nuovo sistema di produzione imposto da Marchionne calato nella realtà quotidiana dei lavoratori: un nuovo sistema fondato sulla flessibilità totale e selvaggia degli operai, senza alcuna considerazione per le professionalità acquisite, la salute dei lavoratori e, ovviamente, la stessa tutela dei posti di lavoro e ovvie ricadute sulla qualità complessiva del prodotto.
Leggendo la descrizione di Una giornata operaia, di Stefano Birotti, sono poi convinto che chiunque non sia in malafede non presterebbe più orecchio all’accusa di “fannulloneria” con cui la propaganda confindustriale ha derubricato la lotta di Pomigliano e di Mirafiori. Una frase su tutte mi ha colpito nella sua gelida brutalità: “Alle 6 in punto la catena di montaggio parte“. In poche parole, apparentemente innocue, è riassunta la condizione dell’operaio alla catena, ridotto a semplice protesi della macchina, alla stregua di un qualsiasi ingranaggio: l’unica preoccupazione per il suo padrone è che la macchina produca più velocemente e che l’operaio aumenti conseguentemente il ritmo. L’accordo di Pomigliano è il tentativo ultimo di adeguare con ogni mezzo la velocità degli operai alla capacità produttiva delle macchine, senza alcun riguardo per le conseguenze che questo aumento comporta per i lavoratori.
Quanto sia miope, oltre che iniqua, la politica industriale di Marchionne e soci, lo spiega brillantemente l’articolo di Massimiliana Piro, membro del comitato scientifico tecnico di Legambiente Campania, e Anna Arena. È intuitivo realizzare che produrre Panda (al posto oltretutto di modelli ben più sofisticati e tali da garantire almeno professionalità e volume di indotto) non può essere una prospettiva industriale di ampio respiro. Ma il punto fondamentale è comprendere che un altro modello produttivo è possibile, a partire dai bisogni della collettività e dalle esigenze ambientali sempre più pressanti. Nello specifico, le autrici spiegano come la riconversione della fabbrica di Pomigliano alla produzione di vetture realmente elettriche sarebbe non soltanto possibile ma garantirebbe sviluppo, posti di lavoro, prospettive di lungo termine e connessioni virtuose con il mondo della ricerca, il tutto nell’ambito di una compatibilità ecologica non di facciata: “La domanda a questo punto è ovviamente la seguente: è pensabile che il capitalismo riesca a riconvertirsi ai principi dell’ecoefficacia? Noi pensiamo che questo non sia possibile in quanto il capitalismo è produzione per i profitti non pianificata, produzione non razionalmente pianificata per soddisfare i bisogni umani.”
Conclude il libro l’analisi originale ed estremamente puntuale di Alessandro Giardiello sulle complessive strategie industriali del gruppo FIAT. Al netto della propaganda di Marchionne, ma anche degli allarmismi di parte del sindacato, il futuro dell’azienda è e verosimilmente continuerà ad essere nella produzione di automobili e, soprattutto, in Italia: da qui non soltanto l’esigenza di continuare la lotta per condizioni di lavoro dignitose, ma anche – quel che più conta – la prospettiva di un esito vittorioso.
Di questa lotta, il libro Pomigliano non si piega può essere uno strumento prezioso. È in ogni caso una lettura affascinante, uno spaccato di vita operaia inusuale e sorprendente: 8 Euro davvero ben spesi.
Per avere il libro potete contattare:
Ac Editoriale: 02-66107298
Circolo PRC Fiat Auto Avio tel: 3200507959- 3386305349
e-mail: pomiglianoinlotta@gmail.com
Oppure potete scrivere a me e ve lo procuro.