Col fiato sospeso. Così, da settimane, apro la Gazzetta dello Sport la mattina, cercando le pagine che parlano del calcio-scommesse. Più ancora dell’idea di vedere l’Atalanta retrocessa d’ufficio, mi amareggia la sensazione che ogni parola spesa sul calcio (compresa un’intera stagione di Campionato Laser!) non abbia più senso: quando su ogni risultato pesa il sospetto che sia stato determinato da giri di scommesse e combine, come si può commentare la vittoria in rimonta del Genoa, l’impresa del Bari già retrocesso, la marcia trionfale dell’Atalanta verso la Serie A?
Ecco perciò la mia decisione: finché il calcio non tornerà a essere uno sport credibile, smetterò di interessarmene. Cercherò invece uno sport incredibile che lo sostituisca. Già, ma quale? Nelle prossime settimane esplorerò la rete per trovare un degno candidato. Oggi parliamo del KABADDI.
Il Kabaddi è uno sport di squadra estremamente diffuso in Asia, dall’Iran al Giappone: è una disciplina inclusa nei Giochi Asiatici da oltre vent’anni ed è il tema di ben cinque film bollywoodiani. In trenta Paesi vi sono federazioni riconosciute. L’Italia è tra queste ed è arrivata addirittura quarta negli ultimi mondiali, disputati nel 2010.
Il gioco, da quanto ho capito, è un incrocio tra palla prigioniera, rugby, lotta greco-romana e “bandierina”, ma più demenziale. Si gioca in sette contro sette su un campo più o meno grande come quello da pallavolo. A turni alterni, ogni squadra invia nella metà campo avversaria un “cacciatore” (raider), che per tutto il tempo in cui si trova in quella metà campo deve declamare a voce alta, senza prendere fiato, la parola “Kabaddi”: “Kabaddikabaddikabaddikabaddikabaddikabaddikabaddikabaddikabaddikabaddikabaddikabaddi…”
Scopo del raider è toccare uno dei componenti della squadra avversaria e poi scapparsene di nuovo nella sua metà campo senza farsi imprigionare e senza mai smettere di dire “kabaddi”. Scopo della squadra avversaria è bloccare il raider per un tempo sufficiente a fargli perdere il fiato.
Il punto è della squadra che attacca se il raider torna vittorioso e canterino nella sua metà campo, altrimenti è dell’altra squadra. Inoltre ci sono parecchie possibili penalità che rendono necessarie la presenza di ben sei arbitri. Alla fine della partita – due tempi di 20 minuti – vince com’è ovvio chi ha fatto più punti.
Ecco un video che renderà il tutto più semplice da capire:
(non riesco a incorporarlo, beccatevi il link).
A me sembra geniale. Con qualche variante (tipo eliminando la lotta) si potrebbe anche organizzare una partita di prova a Pavia, magari al Vùl adesso che è quasi estate. Io rimarrei sempre col fiato sospeso, ma stavolta per ripetere “Kabaddikabaddikabaddikabaddi…”