Anni fa, all’apice della popolarità di Dan Brown, si trovavano in libreria non meno di una decina di romanzi a cui i traduttori italiani avevano aggiunto la parola Codice nel titolo, senza alcuna connessione con la storia, solo per sfruttare la scia e abbindolare qualche sprovveduto. In effetti, anche Pietro Pace e io progettavamo all’epoca di scrivere un romanzo a quattro mani intitolato Il Codice Arrotino: un thriller basato sul mistero che avvolge l’onnipresente figura dell’arrotino ambulante e schiamazzante. Per fortuna non se ne fece nulla.
Ma se il fascino dei Codici durò relativamente poco, una suggestione che non conosce fine è quella legata ai Templari. Il fan di Giacobbo, già a suo tempo fregato dal Mistero dei Templari (in originale National Treasure) si ritrova così trascinato al cinema a vedere il nuovo epico L’ultimo dei Templari solo per scoprire di aver fatto di nuovo la figura dell’allodola.
In effetti, se non altro, questa volta Nicholas Cage (a cui non riesco a perdonare il micidiale Via da Las Vegas che gli ha addirittura fruttato un Oscar!) interpreta il ruolo di un cavaliere crociato, ma nulla suggerisce che sia anche un Templare e, quand’anche lo fosse, questo non ha la benché minima rilevanza nella storia.
La storia, piuttosto, è un grottesco legal thriller che non manca di strizzare l’occhio alle cronache politico-giudiziarie di casa nostra. Behmen torna dalle crociate schifato dalle ingiustizie a cui ha dovuto assistere (condanne mediatiche, prove falsificate, esecuzioni sommarie) e assume la difesa di una donna accusata di stregoneria. Subito mette in discussione la competenza della Corte, lasciando intendere che il Giudice Supremo – il Cardinale interpretato da Cristopher Lee – potrebbe essere in conflitto d’interessi essendo contagiato proprio dalla peste che l’imputata è accusata di aver propagato. Il processo viene così spostato in un monastero lontanissimo (probabilmente nel tentativo di far prescrivere il reato). Durante il difficile viaggio nuovi indizi sembrano confermare l’accusa, ma all’ultimo salta fuori che il Pubblico Ministero potrebbe aver sbagliato l’imputazione: processo da rifare?
Raccontato così potrebbe essere anche un bel film. Se avesse ritmo, umorismo, colpi di scena ben dosati, dialoghi brillanti, storia e personaggi ben costruiti, una recitazione all’altezza. Purtroppo non c’è nulla di tutto questo. Dall’inizio alla fine, non si capisce mai perché i personaggi fanno quello che fanno: perché Behmen dopo anni di stragi improvvisamente cambia idea e se ne va? Perché tutti i personaggi, a turno, ora vogliono far fuori la presunta strega e nella scena dopo si mettono in mezzo per salvarle la vita? Perché un piano così inutilmente complesso quando tutto si poteva ottenere senza sbatti in un attimo? Insomma, non c’è più logica in questa trama che negli zampettii del coniglietto Ponyo, che è probabilmente anche autore dei dialoghi e del quale Nicholas Cage ha del resto tutta l’espressività. Quanto ai personaggi, quelli principali sono insulsi, quelli secondari inutili, tutti comunque apparentemente (ma non volutamente) schizofrenici.
Il tutto sarebbe un po’ meno intollerabile se almeno non fosse così cupo e serioso. Che poi cosa ci vuole a stabilire se una donna è una strega o no? Basta fare come Sir Bedivere…
Qualche comunicazione di servizio al troll dal multiforme aspetto che da qualche giorno posta commenti agghiaccianti (rimossi non appena li ho visti) su questa pagina:
1) evidentemente sei malato, dovresti considerare seriamente l’idea di farti curare;
2) non osare mai più scrivere su questo sito, neppure sotto altre identità;
3) ovviamente i tuoi allucinanti commenti non sono stati cancellati ma solo nascosti, per essere eventualmente mostrati – con ogni informazione utile all’identificazione – alla Polizia postale;
4) altrettanto ovviamente, so perfettamente chi sei.