Da Roma a New York, da Londra a Sidney, da Madrid a Taipei, da Atene a Tel Aviv e oltre: sabato più di un milione di persone si è riversato nelle strade di tutto il mondo per denunciare un sistema economico basato sullo sfruttamento e sul profitto, a favore dell’1% della popolazione e ai danni dell’altro 99%.
Siamo il 99%, e ci siamo stufati: questo è il messaggio che è salito forte e chiaro dalle piazze fino ai consigli di amministrazione delle banche e ai governi. Questo è il dato che conta il giorno dopo, quello da cui ripartire oggi, ed è incomparabilmente più importante di ogni questione riguardante gli atti di vandalismo e i successivi scontri che si sono verificati a Roma.
Naturalmente è proprio questo dato che i mezzi di informazione di tutto il Paese vogliono mettere sotto silenzio, dedicando ogni centimetro quadrato di spazio e ogni secondo di tempo ai “black bloc”, mistificando i fatti e creando barriere fittizie tra “buoni” e “cattivi”. Non c’è nulla di peggio, oggi, che assecondare questa tattica studiata a tavolino dal governo per depotenziare il movimento, abbandonandosi a semplificazioni che non aiutano né a capire che cosa sia successo, né a imparare a gestire meglio la piazza in futuro.
Francamente non mi interessa sapere se tra gli idioti che lungo il percorso del corteo hanno incendiato delle auto ci fossero infiltrati della polizia o se fossero tutti quanti idioti genuini: resta il fatto che quel tipo di comportamenti è servito soltanto da pretesto perfetto per la polizia per attaccare il corteo, comprese migliaia di manifestanti “normali”, in Piazza S. Giovanni. Non si possono però mettere sullo stesso piano le responsabilità di chi – il “blocco nero” – ha fornito il pretesto per uno scontro perso in partenza con quelle ben più gravi della polizia (cioè del Ministro degli Interni Maroni) che quello scontro l’ha messo in atto con la consueta indiscriminata violenza.
Ma davvero, torniamo da subito a parlare dei contenuti di cui, più o meno consapevolmente, si sono fatti portatori tutti quelli che sono scesi in piazza ieri in tutto il mondo, a partire dalle centinaia di migliaia di Roma. L’obiettivo è che quei contenuti diventino presto patrimonio condiviso di tutti quelli che da questo sistema economico e politico hanno solo da perdere: il novantanove per cento.