La campagna di gran parte dei principali mezzi di informazione contro l’Articolo 18 dello Statuto dei Lavoratori non cessa di martellare e penetrare la testa degli italiani, con una sistematicità che davvero ricorda i metodi propagandistici dei nazisti. Orde di docenti universitari, avvocati, economisti, perfino qualche studente ansioso di fare bella figura col prof, infestano le pagine del Corriere della Sera dipingendo l’Articolo 18 come una creatura leggendaria e mostruosa, in grado di distruggere l’economia, soffocare i precari, probabilmente violentare le vergini e sgozzare i bambini. Se esistessero “campi Articolo 18”, proporrebbero di andare a bruciarli con l’Articolo 18 dentro: se volete farvi pubblicare dal Corriere, seguite questa traccia e avrete il vostro momento di celebrità.
Soltanto negli ultimi giorni il “dibattito” (sempre senza interlocutore) si è un po’ attenuato, ma soltanto perché è comparso in scena un altro mostro altrettanto pericoloso, il Movimento No TAV: l’attenzione del pubblico non è sufficiente a seguire due campagne diffamatorie contemporaneamente, bisogna fare a turno. Ma presto tornerà di nuovo alla ribalta la riforma del lavoro: probabilmente dopo lo sciopero della FIOM del 9 marzo, tanto per evitare che un corsivo poco tempestivo di Ichino dia un indesiderato risalto all’iniziativa.
Non è inutile, in questo contesto, fare ancora una volta il punto della situazione, per cercare di squarciare almeno in parte il velo della disinformazione tanto accuratamente sparsa dai giornali. E allora chiariamo:
1) In Italia sono consentiti licenziamenti individuali per ragioni legate all’andamento dell’azienda (giustificato motivo oggettivo) e a comportamenti o situazioni personali del lavoratore (giusta causa o giustificato motivo soggettivo). L’unico obbligo per il datore di lavoro è di dare una giustificazione scritta del licenziamento, che, come del resto in tutta Europa, non può essere arbitrario né tanto meno discriminatorio.
2) Sono anche consentiti licenziamenti collettivi motivati da ragioni economiche, col solo obbligo preventivo di consultare le rappresentanze sindacali. Nel caso non si raggiunga un accordo, il datore di lavoro ha diritto di fare quello che gli pare.
3) L’Articolo 18, lungi dal limitare in alcun modo la possibilità di licenziare, prevede delle sanzioni per le aziende con più di 15 dipendenti che licenziano senza che ci sia una valida ragione economica o soggettiva: un risarcimento del danno per compensare il lavoratore del periodo passato senza lavorare e la reintegrazione in servizio, che può essere scambiata dal lavoratore (nel caso per ragioni anche comprensibili preferisca non tornare nel posto da cui è stato licenziato ingiustamente) con una indennità di 15 mesi di stipendio. Si tratta di una tutela analoga a quella di diversi altri Paesi europei – in particolare Francia e Germania, dove una previsione simile opera per le aziende con più di 10 dipendenti). Si tratta, soprattutto, di una tutela contro l’arbitrarietà e la discriminazione.
4) I contratti precari, a norma di legge, non sono affatto un’alternativa alle assunzioni a tempo indeterminato: i casi in cui è lecito ingaggiare a progetto, a tempo determinato o in somministrazione sono tassativi e limitati. I contratti a tempo determinato e quelli in somministrazione, in particolare, presuppongono che ci siano a priori delle ragioni oggettive per cui la prestazione occorre soltanto per un certo periodo. L’utilizzo, tanto comune da essere sostanzialmente regola, dei contratti a termine come una specie di periodo di prova è assolutamente vietato dalla legge, e puntualmente sanzionato tutte le volte che la questione viene sottoposta a un giudice: cioè circa una volta su cento in cui sarebbe possibile.
5) Di conseguenza, non c’è alcuna vera correlazione, né tanto meno una incompatibilità, tra l’obiettivo sbandierato (ma in nessun modo perseguito) di tutelare maggiormente i precari e la tutela esistente per i licenziamenti arbitrari. Basterebbe incrementare i controlli e aumentare i poteri dell’Ispettorato del Lavoro per ridurre sensibilmente la precarietà, peccato che il Governo persegua la linea esattamente opposta: il “Decreto semplificazioni” attualmente in fase di conversione in Parlamento è prevista esplicitamente la “semplificazione dei controlli sulle imprese”.
6) Neppure esiste alcuna correlazione tra tutela in caso di licenziamenti illegittimi e crescita economica: non è certamente lasciando alle aziende la possibilità di sbattere fuori a piacimento e senza alcun controllo i lavoratori sgraditi che si sviluppa l’economia. Semmai investendo sulle competenze dei lavoratori, offrendo loro contratti e condizioni di lavoro migliori invece di assumere al risparmio. Indirettamente lo dimostra, tra l’altro, il caso della Grecia, dove una libertà sfrenata di licenziare non è evidentemente bastata a evitare il disastro economico.
Date queste premesse, come fa il Partito Democratico a sostenere progetti di legge che prevedono tutti una radicale limitazione dell’Articolo 18? Ce lo spiegherà domani sera Giacomo Galazzo, Consigliere provinciale di Pavia per il PD, all’assemblea pubblica in Corso Garibaldi 69 (Sala S. Martino di Tours). Venite: sarà divertente.
buon giorno …abbiamo assunto un dipendente con la carica di direttore, pensavamo portasse fiducia e denaro , qualche contratto valido ai fini di emergere da questo momento difficile economicamente, in realta questo personaggio con i contratti che porta dentro non riesce nemmeno a coprire il suo stipendio che , a mio avviso per una cooperativa sociale come la nostra e al quanto pretenzioso circa 2000 € senza contare la parte contributiva ed il tfr,non potendo dare maggiori informazioni in merito spero riusciamo a comunicare in un altra maniera,
il fatto e che stiamo fallendo proprio a causa delle spese che affrontiamo nei riguardi di mezzi,stipendi che per un contratto fatto da questa persona dobbiamo stipendiare un altra persona affinche il contratto abbia validita. grazie
Ma sa che non ho capito che cosa intende? I dirigenti sono facilissimi da licenziare comunque, sostanzialmente non ci vuole neppure una motivazione precisa, basta il preavviso.