“Se anche fossero alieni, sono ciechi, alti un metro e venti e si fanno ammazzare di botte dai ragazzini: non c’è da preoccuparsi”
L’unico merito di Cosmopolis, l’ultima insulsa opera di David Cronenberg, è avermi permesso di scegliere che film guardare la volta dopo con Martina, che giustamente si sentiva in colpa per avermi trascinato a vedere quella porcheria. Il fatto che in sala per Attack the Block fossimo soltanto in tre – nuovo record personale – dimostra soltanto che la gente non capisce niente.
Wyndham Tower (“il Blocco”), periferia malfamata di Londra. Moses e la sua gang sono nel bel mezzo di una squallida rapina ai danni di una ragazza sola e indifesa, quando qualcosa precipita dal cielo scaraventandoli tutti per terra: inizia l’invasione aliena del Blocco. Ai teppisti il compito di difendere il loro territorio.
Scartata la tentazione di girare una parodia del genere fantascientifico, Joe Cornish, regista esordiente, riesce a confezionare un film brillante, ben scritto e girato in modo non banale: un vero film di fantascienza, originale e intelligente. È vincente la scelta di ambientare la storia in una verosimile periferia degradata londinese: la stessa scelta che ha premiato in questi anni la serie televisiva Misfits. La formula, in effetti, è simile: misurare le reazioni di un gruppo di teppistelli cazzari di fronte a un evento straordinario come l’acquisizione di superpoteri o, in questo caso, un’invasione aliena. I protagonisti di Attack the Block però sono meno simpatici e più cattivi di quelli di Misfits (che pure non esitano a uccidere, ma quando capita avviene in modo grottesco), ricordano piuttosto quelli de L’odio, trasportati dalla banlieue di Parigi a quella analoga di Londra: sono più *veri* e si muovono in un contesto molto più realistico. Sono, insomma, proprio le stesse persone che la scorsa estate incendiarono – per davvero – la capitale britannica: in un film che comunque parla d’altro, non mancano riferimenti sociali, trattati in modo leggero ma non superficiale.
Unità di tempo e unità di luogo, quasi secondo i canoni aristotelici, contribuiscono a dare i tempi giusti e a creare l’atmosfera perfetta per la narrazione. Il Blocco è l’unico centro dell’azione e tutto avviene in una sola notte: la scena è sempre buia o illuminata dallo squallido neon delle palazzine; il nero è il colore dominante: nero è Moses, capo della banda, nera è la notte e nerissimi gli alieni (“Non ho mai visto un nero così nero!“), bei mostrazzi pelosi e ciechi di cui si vedono quasi soltanto le enormi fauci blu fosforescenti.
Tutte le scelte, narrative, di regia e di scenografia, tornano, sono funzionali e coerenti, ogni dettaglio è curato con attenzione, anche gli effetti speciali, pure in evidente povertà, sono efficaci. Ne viene fuori un film davvero godibile: speriamo che lo veda anche Cronenberg.
Prima di parlare di film di merda aspetta di vedere Prometheus.
Tornando in soggetto, anche io ho apprezzato Attack to the block. E per essere il solito rompi, suggerisco lavisione in lingua originale: interessanti le parlate