FIAT taglia 250 Euro al mese ai dipendenti iscritti alla FIOM. Questa disgustosa rappresaglia accade a Termoli, dopo il decreto con cui il Tribunale di Larino “accerta e dichiara la condotta antisindacale di FIAT POWERTRAIN TECHNOLOGIES S.p.A.; ordina di cessare immediatamente dalla sua condotta e di consentire la nomina della RSA FIOM e di riconoscerle e garantirle l’esercizio dei diritti tutti previsti dal titolo III dello Statuto dei Lavoratori“.
La vicenda è un po’ complicata ma merita di essere raccontata per intero, facendo qualche passo indietro.
Nell’autunno scorso il gruppo FIAT esce da Confindustria e comunica ai sindacati il recesso da tutti i contratti collettivi applicati nel gruppo. Il primo gennaio di quest’anno entra in vigore in tutti gli stabilimenti FIAT il “Contratto Collettivo Specifico di Lavoro” firmato da FIM CISL, UILM e UGL ma non dalla FIOM. Del contenuto del contratto, nella sua prima versione per la fabbrica di Pomigliano, ho già scritto qui.
In ogni caso, dopo l’entrata in vigore del nuovo accordo la FIAT nega alla FIOM, in quanto non firmataria, il diritto di costituire delle proprie Rappresentanze Sindacali Aziendali: lo Statuto dei Lavoratori, infatti, prevede che le RSA possano essere costituite “nell’ambito delle associazioni sindacali che siano firmatarie di contratti collettivi di lavoro applicati nell’unità produttiva” (questo dopo una modifica del 1995, il cui percorso sarebbe lungo da spiegare qui).
La FIOM reagisce promuovendo una raffica di ricorsi contro l’azienda per comportamento antisindacale (art. 28 dello Statuto dei Lavoratori), uno per ogni stabilimento. Le cause hanno esiti alterni: alcuni giudici, come Fabrizio Aprile del Tribunale di Torino, applicano alla lettera l’art. 19 dello Statuto e danno ragione alla FIAT; altri, come Carlo Sorgi del Tribunale di Bologna, lo interpretano “nel senso di garantire il diritto di costituzione di RSA ai sindacati che hanno partecipato attivamente alla fase di formazione della contrattazione applicata nell’unità produttiva pur senza la necessità di firma dello stesso una volta che si possa ricavare agevolmente la rappresentatività dello stesso sindacato“. Scrive infatti il giudice di Bologna che
“apporre la firma ad un contratto dopo aver espresso contrarietà allo stesso per il solo fatto di non perdere gli spazi di diritti sindacali pur non condividendone i contenuti appare atteggiamento sicuramente molto più limitativo della libertà sindacale e della dignità dello stesso … perché l’imprenditore piega al suo volere anche il sindacato potenzialmente dissenziente che viene, inevitabilmente, a perdere di credibilità davanti agli occhi dei lavoratori che dovrebbe rappresentare“.
Il giudice di Larino, chiamato a decidere sulle sorti della FIOM nello stabilimento di Termoli, affronta il problema diversamente, ponendosi la questione giuridica se il nuovo accordo “specifico” possa davvero essere considerato l’unico applicabile a tutti i lavoratori del gruppo FIAT, anche a quelli iscritti alla FIOM che non l’ha sottoscritto. Marchionne e soci sostengono naturalmente che sia così, anche in virtù dell’art. 8 della manovra di Ferragosto che ha riconosciuto l’efficacia nei confronti di tutti i lavoratori ai contratti collettivi territoriali o aziendali sottoscritti dalle Rappresentanze Sindacali Aziendali.
Il giudice risolve la questione affermando che:
1) Il CCNL metalmeccanico del 2008, ultimo firmato anche dalla FIOM, è ancora potenzialmente efficace perché non è stato disdettato tempestivamente dalla FIAT.
2) L’art. 8 della manovra va interpretato nel senso che la possibilità di deroga alla contrattazione nazionale sia consentita soltanto a patto che permanga una contrattazione collettiva nazionale di riferimento e non, come avviene in FIAT, quando il contratto aziendale sostituisca integralmente il CCNL. Interpretarlo diversamente significherebbe consentire all’azienda di “mortificare la personalità dei lavoratori che si trovano a dover subire scelte negoziali prese da altri senza alcun mandato.” Che è poi precisamente l’intento di Marchionne.
3) Per questo motivo “è da escludere che i contratti aziendali [nelle forme dell’art. 8 della manovra] possano integralmente sostituirsi a contratti collettivi ancora applicabili all’azienda e che addirittura possano essere opposti alle organizzazioni sindacali sottoscrittrici del CCNL che quella intesa pretenderebbe di sostituire e che le OOSS non hanno inteso sottoscrivere. Ne consegue che tale contratto [quello del gruppo FIAT] non può certamente essere opposto ai lavoratori iscritti alla FIOM il cui rapporto di lavoro continua ad essere disciplinato dal CCNL 2008“.
Ma che c’entra allora la decurtazione dello stipendio per gli iscritti FIOM? La FIAT li giustifica così: “il giudice stabilisce che ai lavoratori iscritti alla Fiom debba essere applicato il contratto collettivo metalmeccanico del 2008 e non il contratto per il gruppo Fiat del 2011. Fiat Powertrain di Termoli ha quindi provveduto a calcolare le retribuzioni del mese di maggio degli iscritti alla Fiom secondo quanto previsto dal contratto collettivo del 2008″.
Ovviamente il pretesto non regge e il comportamento della FIAT è totalmente illegittimo, oltre che odioso. A parte il fatto che, anche ragionando in questo modo, lo stipendio avrebbe dovuto semmai essere lo stesso del 31 dicembre 2011, ossia quello riconosciuto subito prima del nuovo accordo, e non certo quello del gennaio 2008, è del tutto evidente che quella messa in atto dalla FIAT ai danni degli iscritti alla FIOM è una discriminazione intollerabile e vietata dallo Statuto dei Lavoratori.
L’art. 15 dello Statuto infatti punisce ogni atto diretto a discriminare un lavoratore a causa della sua affiliazione o attività sindacale, mentre l’art. 16 vieta espressamente “la concessione di trattamenti economici di maggior favore aventi carattere discriminatorio“.
Sul piano strettamente giuridico, oltretutto, è pure fortemente discutibile che un decreto pronunciato in una causa fra FIOM e FIAT in tema di diritti riconosciuti al sindacato produca effetti per una terza parte, ciascun lavoratore, che non era né poteva essere parte del giudizio.
La mossa della FIAT si mostra per quello che è: una rappresaglia, l’ennesima prepotenza, l’ennesimo tentativo di isolare l’unica forza in grado di porre un argine all’arbitrio padronale. Non hanno fatto i conti con i lavoratori però: non si sono piegati a Pomigliano e a Mirafiori, non si piegheranno a Termoli.