Terremoto e rivoluzione

Nel “Real duomo” di Erice una lapide riporta la “serie cronologica dei trasporti della ven. effigie di Nostra Signora del santuario in Monte S. Giuliano“. Segue l’elenco delle date, dalla metà del Cinquecento agli inizi del Novecento, e delle calamità che di volta in volta hanno mosso gli abitanti del borgo a richiedere l’intervento della divina protettrice. In pratica, mi pare di capire, l’immagine della Vergine custodita nel santuario funziona come una specie di bat-segnale, forse anche grazie alla posizione sopraelevata, sul monte che sovrasta la città di Trapani.

Non so dire se l’interessata sia mai effettivamente intervenuta e con quali risultati; mi ha colpito particolarmente una data: “16 FEBBRAIO 1848 – TEREMOTO [sic] E RIVOLUZIONE“. I celebri moti del ’48 che avrebbero infiammato l’Europa intera, in effetti, presero avvio proprio in Sicilia, da dove l’esercito dei Borboni venne cacciato a gennaio: la riconquista dell’isola sarebbe avvenuta – per intercessione della Vergine o più probabilmente per motivi più prosaici – soltanto 16 mesi dopo, ma il dominio borbonico non sarebbe durato a lungo.

Stando alla lapide, dopo la seconda guerra mondiale non si sono più tenuti “trasporti”. Eppure di occasioni ce ne sarebbero state parecchie, specialmente in questi ultimi tempi: basta aprire qualunque giornale, ogni giorno, per trovarne in abbondanza. Ad esempio, è di questi giorni la diffusione dei dati ISTAT sull’occupazione nel secondo trimestre 2012: non sono certamente sorprendenti, ma inquietanti decisamente sì.

Rispetto a un anno fa, il tasso di disoccupazione è salito del 2,5%, raggiungendo il 10,7% della forza lavoro. La percentuale non la racconta fino in fondo: in un anno i disoccupati sono oltre 750.000 in più, 2.700.000 in totale: la percentuale è tenuta “bassa” dal fatto che è più difficile andare in pensione. In particolare, tra le persone al di sotto dei 24 anni oggetto di indagine, oltre una su tre cerca lavoro invano (non sono cioè compresi nella statistica, ovviamente, i giovani che non cercano lavoro, ad esempio perché sono studenti).

Il dato è ancora più angosciante se si considera che non soltanto i disoccupati sono molti di più, ma cresce anche il numero dei contratti part time (“in gran parte involontario“) e dei contratti a tempo determinato: i lavoratori a termine sono altri due milioni e mezzo di persone, oltre il 10% del totale degli occupati. All’appello mancano le collaborazioni a progetto, quelle occasionali, le finte partite IVA, i lavoratori in nero. Non sono notizie nuove: qualsiasi famiglia sperimenta la difficoltà di trovare o mantenere un lavoro, pari soltanto a quella di andare in pensione.

E’ stata l’estate dell’ILVA, di Alcoa e dei minatori del Sulcis, che ci hanno offerto soltanto l’ultima dimostrazione di disperazione e di dignità; oggi è settembre, il clima è d’autunno: i terremoti tristemente ci sono già, ora ci vorrebbe una rivoluzione. Chissà che cosa faranno a Erice.

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2 comments

  1. le persone inattive sono il 37.6%. la percentuale di persone rientranti nel lavoro sommerso(o nero) è il 27% (seconda più alta in europa dopo la grecia). quindi, se vedo i dati come voglio e se li interpreto a mio piacimento, vedo che circa 1 su 3 non cerca lavoro, circa 1 su 3 lavora in nero, circa 1 su 3 lavora. Il problema sta nel lavoro in nero.

  2. Certamente il lavoro nero è un problema, sotto numerosi punti di vista. Ma è un problema del tutto differente rispetto alla disoccupazione.
    Innanzitutto, i dati ISTAT non sono redatti in base ai “contratti registrati”, tanto più che buona parte dei contratti non lo sono affatto, bensì sulla base di interviste (secondo campioni statistici, ovviamente): per cui nel “tasso di occupazione” il lavoro nero è ricompreso. Ben per questo scrivevo che il problema è ancora più grave di quanto i numeri rappresentino, perché nel novero generico degli “occupati” è poi necessario distinguere tra occupati “di serie A, B e C”.
    Inoltre, il punto che i dati sottolineano è che una parte sempre maggiore delle persone che “non cercano lavoro”, sono ormai in una situazione cronica, che sarebbe piuttosto ipocrita, oltre che scientificamente scorretto, imputare semplicemente a una “mancanza di buona volontà”. Il problema è invece che le condizioni del mercato del lavoro sono tali che la ricerca di lavoro è sempre più spesso sistematicamente infruttuosa, al punto da scoraggiare una fetta consistente di disoccupati.
    Del resto è una realtà che vediamo intorno a noi tutti i giorni, non mi pare che i dati – e questa loro interpretazione – siano tanto sorprendenti. Solo molto, molto angioscianti, specialmente per chi ci si ritrova in prima persona.

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