(Che poi è anche uno splendido endecasillabo).
Ci sono momenti nella vita in cui si ha la percezione di una cesura tra epoche, istanti che segnano il passaggio da un prima a un dopo. C’è il dolore per una separazione covata già da tempo e il senso di liberazione che dà un orizzonte finalmente spalancato al nuovo, all’incognito. Ci sono i giorni in cui non è esagerato sentirsi come Abramo che lascia Ur in cerca della Terra Promessa.
Quello che lasci tu lo conosci / il tuo Signore cosa ti dà?
FIFA 14.
Ebbene sì, sono passato dall’altra parte della barricata, ultimo di una numerosa serie di amici, parenti e conoscenti, uno stillicidio di appassionati che per un decennio sono stati incrollabilmente fedeli a Pro Evolution Soccer, ma a un certo punto hanno deciso che era arrivato il momento di cambiare.
PES io me lo ricordo quando ci giocavamo in Collegio, sulla PlayStation 1 in stanza del Fiore, e si chiamava soltanto Pro Evolution Soccer, senza numerazione progressiva e senza anno: era il primo della serie.
PES 2 fu il primo gioco che presi per la PlayStation 2, il giorno dopo che me la regalarono per la laurea. In appartamento con Guido ci consumammo le dita in epici scontri fra Obafemi Martins e Igor Tudor. Seguirono tutte le altre edizioni, tranne quelle delle stagioni in cui l’Atalanta giocava in serie B (2003-04, 2005-06, 2010-11). Per la PlayStation 2 e poi per la 3. Fino all’ultima, PES 2013.
Già dalla precedente versione qualcosa aveva cominciato a rompersi: in una fase della mia vita in cui non sono in grado di dedicare alla mia PlayStation più di un paio d’ore alla settimana (tranne casi eccezionali, la rimpatriata con gli amici che finisce in torneo, etc.), il gioco cominciava a farsi troppo complesso, al punto di dover impostare la difficoltà su Difficile prima, e su Medio quest’anno. Dunque, lo riconosco, è anche colpa mia.
Anche, ma non solo: badate, non mi lamento delle squadre inglesi senza licenza e con i nomi sballati, ché in fondo correggerli manualmente era pur sempre un rito carico di nostalgia. Se ho da recriminare, semmai, è perché PES non ha trovato il modo di farmi sentire “a casa” lo stesso, e perché quest’anno neppure ho potuto giocare la finale di Champions League dal momento che il Borussia Dortmund non c’era.
Capita spesso che nelle crepe di un rapporto già incrinato si insinui, come acqua pronta a gelare e a far esplodere il vetro, la lusinga di una novità. Da anni erano sempre più numerose le voci che sostenevano che FIFA avesse prima ridotto il gap, e infine raggiunto e forse superato la concorrente. Ma le voci non mi sarebbero bastate.
È successo che da Saturn fosse in atto una promozione legata alla prenotazione dei giochi per la prossima stagione: portacene uno usato, ma recente, e quello nuovo lo paghi 9,90 Euro: non meno di 50 Euro risparmiati. Avrei potuto utilizzare nello scambio il mio PES 2013, ma non me la sono sentita di recidere definitivamente il filo che ci lega: non ora che c’è da fare tutto il calciomercato!
Così ho cercato in vari negozi di giochi usati uno di quelli compresi nella lista Saturn, al prezzo più basso possibile. L’ho trovato finalmente ieri: manco farlo apposta, era… PES 2013. Era segnato, alla Feltrinelli di Corso Buenos Aires, a 34,90 Euro: aggiungendoci i 9,90 della promozione, avrei pagato il nuovo FIFA circa 20 Euro in meno del suo prezzo, che comunque non si buttano via. Ma al momento di pagare salta fuori che, giusto giusto da ieri, prima ancora che potessero aggiornare le etichette, il prezzo del PES usato era sceso a 14,90: afferrato il gioco (identico a quello che ho a casa) non ho fatto che girare l’angolo e portarlo dritto dritto al Saturn della Stazione Centrale – l’ho posseduto per non più di dieci minuti, ma mi ha fatto risparmiare 40 Euro. Nel frattempo, da Saturn, la promozione sui giochi usati era finita (il giorno prima!) per tutte le prenotazioni tranne che per FIFA 14: l’ultimo segno del destino.
E dunque è fatta.
Addio, stadi dai nomi bizzarri, ad esempio Bristol Mary, stemmi sbagliati, noti soltanto a chi ha giocato con voi, e impressi nella sua mente non meno che l’aspetto de’ suoi familiari. Quanto è triste il passo di chi, cresciuto da voi, se ne allontana! Alla fantasia di quello stesso che se ne parte volontariamente, tratto dalla speranza di disputar la K-League, si disabbelliscono in quel momento i sogni della licenza. Addio!
O forse arrivederci.