Chi l’ha detto che in politica l’avversario debba essere attaccato in punta di fioretto? Lo ripetono principalmente quelli che, dopo vent’anni a menarcela con Berlusconi senza fare assolutamente nulla per sconfiggerlo, ora che finalmente Berlusconi è stato condannato con sentenza della Cassazione… sono al governo con Berlusconi. A furia di esser teneri con i nemici – ché questo sono, non semplicemente “avversari” – si finisce per affezionarcisi, per non poterne letteralmente fare a meno.
Io non sono affatto affezionato né a Berlusconi, né al governo Letta-Alfano, né al Partito Democratico, né al presidente della Repubblica Napolitano, né a tutto questo sistema politico-economico che puzza di marcio. Perciò ho raccolto con entusiasmo l’appello che il collettivo Wu Ming ha lanciato un paio di mesi fa per mettere insieme una raccolta di racconti di fantascienza in cui si evocasse la fine violenta del governo di larghe intese, per mano di un provvidenziale e simbolico asteroide.
Provvidenziale, perché questo governo è il male incarnato, è lo sceriffo di Nottingham, rappresenta gli interessi dei pochissimi sfruttatori in guerra con i moltissimi sfruttati: prima ce lo leviamo di torno, e meglio è.
Simbolico, perché, come spiega l’ultimo racconto di questa raccolta, l’asteroide siamo tutti noi, che dal rovesciamento di questo sistema non abbiamo nulla da perdere ma un mondo da guadagnare, che finalmente comprendiamo che di questa gente possiamo davvero fare a meno.
E simbolicamente la raccolta #TifiamoAsteroide è uscita poche ore prima della notte di San Lorenzo: è insieme la stella cadente e il desiderio espresso da tutti e cento i racconti. Dentro c’è di tutto, da distopie più o meno accurate fino a storie surreali in cui la caduta del meteorite e la conseguente polverizzazione del governo di larghe intese potrebbero sembrare insulti gratuiti, una versione letteraria del “Devi morire” lanciato dalla curva. Ma non c’è nulla di gratuito anche nello sfogo più elementare contro questi affamatori, e ben venga l’augurio di un asteroide-sampietrino lanciato contro il governo come la Locomotiva di Francesco Guccini.
Ringrazio Mauro per avermi dato l’opportunità di collaborare all’editing dei racconti, e quindi di leggerne molti in anteprima, e soprattutto per essersi sobbarcato questo immenso sbatti: la raccolta ha raggiunto il volume stratosferico di 655 pagine – è praticamente un piccolo asteroide. Pubblico qui l’inizio del mio racconto: il resto, e gli altri novantanove, oltre all’introduzione del curatore e alla postilla di Wu Ming, dovete assolutamente scaricarli qui. Ovviamente è tutto gratuito: è soltanto al governo delle larghe intese e ai suoi ministri che l’asteroide non farà nessuno sconto.
Austeroidi
Il Clonatore sorrideva con aria soddisfatta osservando il funzionario attraverso il bicchiere quasi vuoto.
La sala in cui eravamo stati accolti, al termine della nostra missione, sembrava concepita apposta per impressionare i visitatori: un’intera parete e il soffitto erano completamente trasparenti; il panorama era spettacolare: davanti a me, la distesa dello spazio, punteggiato di corpi celesti del tutto diversi da quelli a cui ero abituato; sopra, la scintillante flotta stellare Europa, di cui la nave-fabbrica costituiva l’estremità inferiore. Non riuscivo a tenere lo sguardo fermo per più di qualche istante.
«Sono lieto che infine abbiamo raggiunto un accordo», disse il nostro interlocutore.
«E deve proprio esserlo: questo carico sta costando il venti per cento in più dei precedenti», rispose senza molto entusiasmo Sandro Ravilli, il funzionario del ministero degli affari esteri a cui ero stato assegnato come portaborse.
«Come vi ho spiegato durante la visita agli impianti di clonazione, il maggior prezzo è legato alla migliore funzionalità: questi cloni costano di più perché consumano di meno. Non ci vorrà molto ad ammortizzare la spesa».
«Lo spero. Ho letto però nella vostra scheda che non è stata effettuata alcuna modifica biologica».
«Oh no. Noi non interveniamo né sul dna né sulla fisiologia dei cloni. Moltissimo tempo fa inducevamo uno sviluppo accelerato, ma ormai non serve più: la produzione è a regime continuo da subito dopo il Grande Esodo».
«E allora come è possibile far sì che consumino meno?».
«Grazie alle nostre tecnologie di condizionamento. E naturalmente con la selezione più accurata del materiale genetico di partenza. È la parte principale del nostro lavoro: noi riproduciamo esseri umani predisposti al lavoro manuale, e li addestriamo specificamente a svolgere quello, e solo quello, nel modo più produttivo possibile».
«I robot non consumano nulla, e costano meno», intervenni, pentendomi quasi subito di averlo fatto.
I due si voltarono sorpresi nella mia direzione: il protocollo prevedeva che io non parlassi in occasioni ufficiali. Sperai che Ravilli avrebbe rapidamente scordato l’episodio.
«I robot», rispose il Clonatore leggermente stizzito, tornando a guardare il mio superiore, come se fosse stato lui a commentare, «sono meno efficienti dei cloni, e nelle lavorazioni spaziali durano in media meno della metà. E comunque il loro utilizzo industriale è vietato in tutte le flotte affiliate dalla Costituzione di Europa».
«La stessa Costituzione che concede a voi il monopolio della produzione di cloni», avrei voluto aggiungere, ma questa volta mi trattenni.
«Ora dovete scusarmi, devo tornare al lavoro. Gli affari sono come una moglie esigente. Perlomeno non sono gelosi». Il funzionario si alzò con qualche difficoltà dalla poltrona a forma di uovo in cui era sprofondato. A me non era stata offerta una sedia. «A quest’ora», disse l’altro consultando il vistoso orologio dalla ghiera arancione, sicuramente un pezzo d’antiquariato, «il suo carico dovrebbe essere a bordo. Le auguro un buon viaggio, è stato un piacere conoscerla, signor Ravilli».
Con un ultimo sguardo alle stelle, uscimmo dalla saletta. Appena fuori, un impiegato in uniforme candida ci condusse alla nostra navetta.
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