Uno dei più grandi piaceri della vita, per me, è leggere la Gazzetta dello Sport al bar, facendo colazione: perfino Martina, di fronte alla mia espressione beata, è giunta a tollerare questo rito perlomeno il sabato e la domenica mattina. Un paio di giorni fa però al bar, al posto della Gazzetta, ho trovato il Corriere dello Sport che, con tutto il rispetto, non è proprio la stessa cosa: dopo qualche istante di sconforto, ho compreso che il motivo di questa penosa assenza doveva essere lo sciopero della redazione del giornale, per protesta contro l’operazione GazzaBet. Per solidarietà, ho rinunciato del tutto a leggere le notizie sportive.
Che cos’è GazzaBet? Lo spiega qui in modo esauriente il Comitato di Redazione del giornale: in sintesi, il progetto dell’editore RCS consiste nella prossima creazione di un’agenzia di scommesse sportive interna al gruppo, che sfrutterebbe il marchio Gazzetta per attirare scommettitori.
I motivi della protesta sono condivisibili: la gestione di un’agenzia di scommesse sportive (sia pure “appaltata” a un soggetto esterno) non è compatibile con l’attività giornalistica nel medesimo campo, non è possibile infatti garantire la credibilità e l’indipendenza della testata nel momento in cui, ad esempio, da un lato fissa delle quote su una certa partita, dall’altro indica in un articolo la squadra che appare favorita. Senza contare il fatto che tra gli azionisti RCS ci sono anche i proprietari di squadre come Inter, Juventus, Fiorentina e Torino: altro conflitto di interessi.
Allo stesso tempo, come chiarisce il testo della petizione (che invito a sottoscrivere naturalmente), la protesta è contro le scelte imprenditoriali della proprietà, che di fatto investe sulle scommesse i soldi che taglia contemporaneamente da edizioni regionali (l’edizione Campania è stata chiusa poche settimane fa) e posti di lavoro (sono stati annunciati 19 esuberi nei prossimi due anni).
Senza voler sminuire le ragioni schiettamente giornalistiche, trovo che questa seconda ragione sia la più significativa, perché è sistemica: la protesta dei giornalisti della Gazzetta dello Sport è un fronte di una battaglia più ampia contro la proliferazione del gioco d’azzardo organizzato in modo imprenditoriale, vera e propria forma di speculazione che consuma risorse collettive per gli interessi di pochissimi. Qui avviene in modo emblematico: posti di lavoro tagliati per fare spazio a un’attività commerciale sostanzialmente parassitaria, finalizzata a lucrare sulle perdite dei giocatori senza produrre nulla di utile.
La Gazzetta è da tempo terra di conquista per le agenzie di scommesse: ospita settimanalmente un inserto di parecchie pagine dedicato esclusivamente al gioco d’azzardo nell’edizione cartacea, e appalta all’agenzia Agipro anche una sezione del proprio sito web: paradossale, per un giornale che più di tanti ha indagato e condannato l’influenza malata del mondo dell’azzardo sullo sport. Non conosco la posizione del CdR della Gazzetta su questa situazione, che è la madre naturale del progetto GazzaBet; però credo che non possa essere efficace una protesta contro questo progetto se non è accompagnata da una lotta complessiva contro il gioco d’azzardo liberalizzato.
In questo senso penso che la battaglia dei giornalisti sportivi, da un lato, abbia molti punti di contatto con quella del Collettivo Senza Slot, ma dall’altro sia ancora insufficiente ad affrontare in modo davvero efficace il problema: un giornale con la diffusione e l’autorevolezza della Gazzetta dello Sport potrebbe dare un contributo decisivo in questa lotta, spiegandola a centinaia di migliaia di lettori. A costo di non leggere il giornale rosa a tempo indefinito, sosterrò intanto ogni forma di protesta che abbia queste motivazioni: fuori le scommesse dalla Gazzetta dello Sport!
Una lama tagliente e precisa. Un bisturi. Devi rivedere il domino, cambiare ordine. Chirurgolaser.net sarà libero?