Comincio da questo mese una pratica che magari non interesserà a nessuno, ma almeno consentirà a me di tenere una traccia di quel che leggo e vedo al cinema: quando sarò anziano potrà tornarmi utile. Sono ben accetti suggerimenti su come tenere questo piccolo archivio, per il momento la mia idea è di dare un brevissimo giudizio di ogni libro e ogni film, e una valutazione da 0 a 5 “stelline”.
LIBRI
William Shakespeare, Richard II – [va be’, mica si possono dare le stelline a Shakespeare…]
Non avevo mai letto quest’opera che, come ho appreso da Wikipedia, è la prima parte della cosiddetta Enrieide, completata dalle due tragedie dedicate a Enrico IV e da quella dedicata a Enrico V. L’occasione è stata la spedizione londinese per veder recitare dal vivo a teatro, ancora una volta, l’amatissimo David Tennant, a inizio gennaio. Essendo sostanzialmente un gruppo di fan (tutte donne, a parte me, uhm…), il clou della serata è stato ovviamente l’attesa alla stage door alla fine dello spettacolo, con annessa quasi-rissa con un gruppo di fan tedeschi. In premio siamo riusciti più o meno tutti a conquistare un autografo, e qualcuno perfino a farsi fare una foto col divo. Tornando alla tragedia, non smette di impressionarmi come la parola scritta prenda vita in teatro: vale assolutamente la pena vederla recitata, fosse anche da attori dilettanti, figuriamoci dalle star. In questo periodo poi è un fiorire di trasposizioni televisive di questa tragedia e delle successive (The Hollow Crown) e delle vicende della guerra delle due rose, di mezzo secolo successiva (The White Queen). Consiglio il pacchetto completo.
Raffaele Villari, Da Messina al Tirolo, viaggio di un uomo senza testa compilato da un uomo senza testa – [anche qui, niente stelline, per ragioni… familiari]
Raffaele Villari… parente? Sì: è il fratello del nonno di mio nonno, che credo si dica anche pro-pro-prozio, vissuto dal 1831 al 1908. Carbonaro nei moti del 1848 in Sicilia, garibaldino fin dalla spedizione dei Mille, racconta il suo viaggio durante la terza guerra d’indipendenza, nell’estate del 1867, e si rivela quel che potremmo tranquillamente definire uno “sciallo-mazziniano”. Ne sapremo di più, forse, in futuro.
Alan Moore e Kevin O’Neill, La lega degli straordinari gentlemen (vol. 1) – * * * * *
Gli appassionati di fumetti non hanno bisogno di ulteriori commenti, e mi disprezzeranno per non averlo mai letto prima. Gli altri potrebbero aver visto il ripugnante film La leggenda degli uomini straordinari, ed essersi fatti un’idea incredibilmente sbagliata di questo romanzo a fumetti che è un classico e un capolavoro, per l’idea che c’è dietro, per come è scritto e per come è disegnato. In breve, e tagliando con l’accetta, si tratta di una trasposizione ottocentesca dei Vendicatori o della Justice League, in cui vengono riuniti e composti personaggi e situazioni della letteratura dell’epoca, da Jules Verne a Herbert George Wells, da Bram Stoker ad Arthur Conan Doyle, e via discorrendo. Fortunatamente è solo la prima parte di una saga che prosegue nel novecento e nell’età contemporanea, e altrettanto fortunatamente il tutto è stato dopo molti anni di irreperibilità ristampato dalla casa editrice Bao Publishing (la stessa di Zerocalcare), per cui si trova facilmente un po’ ovunque.
FILM
Shinji Aramaki, Capitan Harlock – * * *
Confesso che non avevo mai visto un solo episodio di Capitan Harlock prima di andare a vedere questo film, per cui non ho idea di differenze o somiglianze rispetto alla serie originale e ai suoi numerosi reboot. Mi dicono che anche questo sia un nuovo inizio del tutto svincolato da qualunque continuity dei suoi predecessori. Che dire? La storia è una specie di versione, scarsamente poetica, molto semplificata e con qualche buco di sceneggiatura, di Wall*E della Pixar: quello vinse l’Oscar, questo dubito riceverà alcun premio, anche se visivamente (rigorosamente in 3D) è senz’altro molto spettacolare. Insomma, un paio d’ore scarse di sano intrattenimento, senza infamia e senza lode: se non ne scrivessi qui, difficilmente mi ricorderei di averlo visto tra qualche anno.
David O. Russell, American Hustle – * * * * *
Ecco un film che invece non dimenticherò affatto, a prescindere dal numero di premi che vincerà agli Oscar. In estrema sintesi, è un heist movie (sul genere di Ocean’s Eleven e simili, per intenderci) con uno straordinario approfondimento psicologico dei personaggi, o se preferite un thriller psicologico in cui la caratterizzazione dei personaggi è affidata in gran parte al loro comportamento nella preparazione del “colpo”. Gli attori sono semplicemente eccezionali, da Christian Bale in formato extralarge a Bradley Cooper di nuovo nelle vesti del poliziotto e dello psicopatico, da Amy Adams a Jennifer Lawrence, fino a Jeremy Renner e, ovviamente, Robert De Niro. Splendida la ricostruzione degli anni Settanta, credibile come tutto il resto. Insomma, da vedere.
Paolo Virzì, Il capitale umano – * * * *
Virzì forse non è il miglior regista italiano. Ma è l’unico che non mi abbia mai deluso, dall’adolescenziale Ovosodo all’intelligente Tutta la vita davanti, fino a La prima cosa bella. Intendiamoci, non sono capolavori, ma toccano certe corde che evidentemente mi suonano bene, senza contare che abbiamo gli stessi gusti in fatto di attori. Magari, tra i suoi film che non ho visto, ce ne sarà pure qualcuno meno riuscito, ma non è senz’altro il caso di quest’ultimo, che ho visto da solo nella sala 2 dell’Odeon, mentre Martina in sala 7 guardava The Counselor di Ridley Scott, spinta dall’amore per Michael Fassbinder (ma rimpiangendo la scelta alla fine).
L’uscita del film è stata accompagnata da slogan accattivanti: “Avete scommesso sulla rovina di questo paese, e avete vinto“, “Ci siamo giocati tutto, anche il futuro dei nostri figli“. Potevano generare l’attesa di una rappresentazione fedele dell’Italia di questo scorcio di secolo, aspettativa destinata a rimanere delusa: Il capitale umano in realtà è un giallo che si consuma nel contesto della crisi sociale ed economica del nostro paese, vista però dal lato cortissimo dei “vincitori”. Dopo averci mostrato la vittima al momento dell’uccisione, senza ovviamente svelarci l’identità dell’assassino, il regista costruisce il caso attraverso quattro capitoli; i primi tre ripercorrono i medesimi eventi, ciascuno dalla prospettiva di uno dei personaggi: il piccolo ma ambizioso imprenditore Dino Ossola, Carla, moglie dello spregiudicato finanziere Giovanni Bernaschi, e Serena, giovane e “pura” figlia di Dino; nel quarto capitolo, intitolato come il film, si tirano le fila e si svela il mistero.
Certamente non è casuale che la “scena del crimine” sia la Brianza, ma al centro dell’attenzione non è certamente il contesto sociale, reso in modo intenzionalmente superficiale attraverso personaggi che sono più caricature che persone reali. A interessare il regista è il modo in cui questi “tipi” reagiscono di fronte all’imprevisto, e la stessa struttura narrativa è costruita come un processo, piuttosto che come una tesi. Non è richiesto al pubblico un giudizio morale, che è assolutamente scontato, ma un giudizio di colpevolezza, che invece si rivelerà non altrettanto semplice.
Quattro stelline dunque: Fabrizio Bentivoglio nei panni di Dino Ossola compensa con la sua bravura il punto in meno che meriterebbe Virzì per aver scelto Valeria Bruni Tedeschi (Carla): una delle peggiori attrici della storia del cinema.
Stuart Beattie, I,Frankenstein – *
Posso spiegarvi tutto: dovevamo vedere The Wolf of Wall Street, ma la Tre, che regala il cinema a Martina ogni settimana, ha deciso di far slittare la promozione per questo film di sette giorni. Già che eravamo lì e avevamo un ingresso gratis abbiamo ripiegato su uno dei due soli film che non avesse visto almeno uno di noi: l’altro era Un boss in salotto…
Detto questo, difficilmente mi capiterà di vedere una cosa altrettanto brutta nella mia vita. Do una stellina invece che zero unicamente per la fantasia dimostrata nel concepire il soggetto, oltre che per il coraggio che ci vuole a distribuire una porcheria del genere: il tema è la creatura di Frankestein (che a quanto pare fa “Frankenstein” di cognome) contro i demoni/vampiri. Non dico altro.