Si vota domenica, e credo di non essermi mai interessato meno a una campagna elettorale.
Credo si possa facilmente comprendere il perché di tanto scarso entusiasmo. Alle elezioni europee si vota per eleggere un’istituzione, il Parlamento Europeo, che di fatto conta assai poco nell’indirizzare le politiche dell’Unione. Per dirla tutta, poi, l’Unione Europea stessa, per come è costruita, è un’istituzione funzionale unicamente agli interessi del grande capitale: in tutti i Paesi europei, del resto, i partiti che fanno riferimento ai due gruppi largamente maggioritari, che siedano tra i socialdemocratici o i popolari, portano avanti le stesse identiche politiche, la stessa “austerità”, gli stessi attacchi agli interessi dei lavoratori.
Ecco, l’unico voto utile in queste elezioni europee è un voto di protesta contro l’austerità, contro le politiche dell’Unione Europea, di fatto, e soprattutto, contro i fondamenti economici su cui l’Unione si basa. E, ovviamente, per la costruzione di un sistema completamente opposto. Non mi pare ci siano tanti dubbi su chi votare, fatte queste premesse: per la lista Tsipras.
Non che manchino le perplessità, prima ancora che sul modo in cui sono state composte le candidature in Italia, proprio sul programma, sufficientemente vago e ambiguo proprio sulle questioni cruciali, sulle compatibilità rispetto al sistema economico che ha condotto la Grecia letteralmente alla fame e che minaccia analogamente altri milioni di lavoratori in Europa. Ma con tutte le sue contraddizioni è pur sempre una lista fortemente connotata a sinistra, oggettivamente alternativa alle forze che governano l’Unione e i suoi membri, perlomeno di ispirazione anticapitalista. Lo stesso Tsipras è il dirigente di un partito, Syriza, che ha costruito un consenso di massa partendo praticamente da zero proprio sulla base della lotta contro l’austerity.
Non si può dire altrettanto del Movimento 5 Stelle. Ancora pochi giorni fa un amico che è rimasto folgorato sulla via di Damasco mi esortava a votare per Grillo e compagnia sulla base del fatto che solo loro “fanno tutti i giorni il bene del paese“: mi pare che questa sia effettivamente la sintesi della loro campagna elettorale. Io non dubito affatto della buona fede di molti militanti e di molti elettori, ma è proprio la concezione di “bene del Paese” che non mi appartiene. “Il Paese” di per sé non ha interessi, e dunque non ha un bene: hanno interessi, irrimediabilmente contrapposti, le classi sociali che si combattono in ciascun Paese e in tutto il mondo, da che mondo è mondo. Un movimento che fa dell’interclassismo la sua bandiera, il cui leader attacca un giorno sì e l’altro pure la funzione stessa delle organizzazioni dei lavoratori, non può in alcun modo rappresentare le mie idee.
Altri, storicamente di sinistra, voteranno il M5S in funzione anti-governo: se Renzi perde – dicono – c’è tutto da guadagnare. Per quanto sarei contento se i partiti di governo uscissero da queste elezioni ulteriormente delegittimati, a me sembra che questa sia una scorciatoia molto miope. È un bene che siano sconfitte le forze che governano da 25 anni, a cominciare dal PD, ma non è affatto indifferente da chi saranno sconfitte. La funzione oggettiva del Movimento 5 Stelle è stata in questi due anni incanalare in un movimento puramente elettorale e di facciata le pulsioni di protesta contro il sistema economico: complice la crisi drammatica dei partiti e delle organizzazioni di sinistra, questo è uno dei motivi per cui l’Italia sia il fanalino di coda della lotta di classe tra i Paesi del Mediterraneo. Non si può pensare di ricostruire una forza organizzata che rappresenti i lavoratori in questa lotta, votando il Movimento 5 Stelle.
Per la cronaca, indicherò la preferenza per Nicoletta Dosio, militante di sinistra e attivista No TAV.
Mi spiace, invece, aver partecipato poco alla campagna elettorale per le amministrative a Pavia. Qui di dubbi ne ho ancora meno: voterò con molta convinzione la lista formata da Rifondazione Comunista e SEL (!!) in appoggio a Massimo Dagrada. Ho conosciuto Massimo nella battaglia contro le slot machine (a cui ha dato un contributo molto maggiore del mio, specie in termini di tempo e capacità organizzative) e ho apprezzato (non senza un certo stupore) la sua capacità di condurre un partito come SEL fuori dall’orbita del Partito Democratico, perlomeno in città.
Mi pare oltretutto una scelta migliore anche rispetto alle altre liste schierate a sinistra del PD: Insieme per Pavia e Partito Comunista dei Lavoratori. A prescindere dalla stima verso i loro candidati, Walter Veltri ed Elena Felicetti, Dagrada è l’unico che abbia effettive speranze di entrare in consiglio comunale. Meglio sarebbe stato comporre un’unica lista, che avrebbe potuto tranquillamente puntare a 2 o 3 consiglieri, e soprattutto avrebbe portato avanti almeno a livello locale la costruzione di un’alternativa forte al sistema di governo della città. Con i miei compagni di militanza, un paio di mesi fa, avevamo lanciato un appello in questo senso: non è stato raccolto. Considerato che in questi ultimi giorni Insieme per Pavia si sta sbilanciando verso un apparentamento col PD all’eventuale ballottaggio, forse era necessaria questa divisione. Confido che non ci caschi anche Dagrada.
Io, credo non sia necessario aggiungerlo, l’8 giugno sarò ovunque meno che al seggio.