Da anni ho l’abitudine, in viaggio, di tenere dei diari più o meno accurati di quello che ho fatto e visto. In rarissimi casi li ho poi trascritti qui, o altrove, ma in generale li scrivo per conservare una traccia scritta di tutto quello che di curioso e affascinante può accadere durante una gita.
Le due settimane attraverso la Croazia e la Bosnia di quest’estate sono tra le più belle e interessanti che abbia mai trascorso lontano da casa, tanto che ho riempito un quadernetto intero. Tranquilli, non ho intenzione di trascriverlo, ma vorrei fissare da qualche parte alcune delle storie più affascinanti in cui mi sono imbattuto in questi 2.300 Km.
Scrivendo il primo di questi racconti, mi sono reso conto che non sono capace di sintesi sufficiente per contenerli in un solo post. Dunque ci saranno un po’ di puntate, seguendo l’itinerario che da Gorizia ci ha condotti a Dubrovnik lungo la costa della Croazia, da lì a Sarajevo attraversando da sud a nord la Bosnia-Erzegovina, per poi spuntare nell’altro ramo della Croazia e percorrerlo da est a ovest fino a Gorizia.
VELIKI BRIJUN (BRIONI MAGGIORE)
La più grande delle isole Brioni, al largo di Pola, ha una storia incredibile, per come ce l’ha raccontata la nostra entusiasta guida durante la visita del parco naturale. L’intero arcipelago, occupato a turno da Romani, Ostrogoti e Bizantini, nel Trecento passò sotto il dominio della Serenissima; ma le famiglie patrizie che lo controllavano non se ne fecero granché, dal momento che, un giro di peste dopo l’altro, le isole rimasero completamente disabitate dal Quattrocento.
Per circa mezzo millennio. Finché, alla fine dell’Ottocento, un banchiere svizzero che risiedeva a Trieste non andò a pescare in Portogallo i rampolli della famiglia veneziana che ancora era formalmente proprietaria, e pagò due soldi per tutto l’arcipelago, con il solo scopo di rivenderlo al primo fesso che passava a cento volte la cifra. Il primo fesso, appena un mese dopo, fu un magnate austriaco, il quale invitò il celebre Robert Koch perché liberasse l’isola dalla malaria, in modo da poterne fare un resort turistico di lusso. Furono costruiti alberghi nonché quello che all’epoca era il più grande campo da golf d’Europa.
Tra una guerra mondiale e le avvisaglie dell’altra, gli affari smisero però di andare a gonfie vele per il nuovo proprietario, che fu costretto a cedere tutto al governo italiano, che nel frattempo aveva occupato Istria e Dalmazia settentrionale. Non per molto, come sappiamo. Dopo la guerra l’arcipelago divenne residenza personale di Tito, che vi passava circa sei mesi l’anno ricevendo lì ospiti e delegazioni diplomatiche. La nostra guida ce ne ha parlato con reverenza e nostalgia, direi quasi affetto, mentre ci conduceva al museo fotografico dedicato allo statista.
Pochi anni dopo la morte del Presidente, l’arcipelago è diventato Parco Nazionale ed è visitabile dai turisti. Oltre al museo e agli edifici che risalgono ai vari periodi di occupazione, dai Romani ai Veneziani, l’isola di Veliki Brijun ospita un grande giardino botanico ma soprattutto il parco safari in cui vivono i discendenti degli animali donati a Tito dai dignitari stranieri, zebre, lama, vacche sacre dell’India e perfino un’elefantessa, superstite di una coppia regalata al Presidente da Indira Gandhi nel 1970.
Ma, curiosamente, sono in funzione anche gli alberghi costruiti all’inizio del Novecento che, rinnovati, sono aperti al turismo fin dal 1984. La particolarità è che si tratta, ancora oggi, di alberghi di proprietà statale gestiti dallo stesso Parco Nazionale, e dunque a prezzi estremamente accessibili (considerata la location e il numero limitato di posti): in altissima stagione, da 66€ a persona per notte. Gli ospiti degli alberghi possono anche usare il campo da golf per qualcosa come 15€ al giorno, e condividono l’isola, su cui si gira in bicicletta o in macchinina elettrica tipo Il Prigioniero, con i turisti giornalieri (un paio di centinaia alla volta), e con i ministri del governo croato, a cui sono assegnate alcune delle ville più lussuose.
Io temo che, più si allontana il ricordo dell’economia pianificata, più aumenteranno le probabilità che l’isola, con le sue meraviglie, torni nelle mani rapaci dei privati, inaccessibile al pubblico. Mi piacerebbe, prima di allora, passarci una settimana tra spiaggia e gazzelle.