Che la manifestazione di sabato sarebbe stata un grande successo di partecipazione ho cominciato a capirlo quando alle cinque del mattino, all’autogrill, ci ho messo 40 minuti per comprare una bottiglietta d’acqua. E meno male che non dovevo fare pipì! Quando poi siamo ripartiti per Roma, i pullman fermi al parcheggio, e le code alle casse e ai servizi, erano almeno il doppio che al nostro arrivo.
Provate a immaginare questo pellegrinaggio notturno di massa, centinaia di migliaia di persone da ogni angolo del Paese, da Palermo a Trieste: sono la vera linfa vitale dell’Italia, sangue che affluisce al cuore da tutte le parti di un corpo intorpidito, per fare in modo che si rialzi. Immaginatelo, e avrete un’idea della forza della classe lavoratrice, un gigante addormentato che comincia a svegliarsi, man mano che si leva il sole.
Non serve il mio racconto per testimoniare le dimensioni del corteo, un unico fiume rosso da piazza della Repubblica a piazza S. Giovanni, dove in molti non sono riusciti nemmeno ad avvicinarsi. Non aspettavano che di essere chiamati a gridare la propria protesta contro l’ingiustizia sociale a cui li ha appesi una volta di più questo governo. Altro che 80 Euro! Nessuno di quelli che erano in piazza crede (più) alle promesse e alle bugie di Matteo Renzi. Tutti, persino quella decina di illusi che ancora sventolano la bandiera del PD (non senza attirarsi scherno e qualche insulto), sono pronti a mobilitarsi contro lo sceriffo di Nottingham che ruba ai poveri per dare ai ricchi.
Credo che ci abbia provato fino all’ultimo, la CGIL, a evitare di convocare questa manifestazione: i suoi dirigenti non sono sicuri di poter controllare il gigante addormentato, se lo svegliano. Ma messa con le spalle al muro, di fronte all’alternativa tra combattere e sparire, Susanna Camusso non ha potuto fare altro. In pochi si attendevano che sarebbero stati così tanti a rispondere all’appello: non dopo che per anni i dirigenti sindacali avevano mostrato tutta la propria inadeguatezza, firmando i peggiori accordi e rinnovi contrattuali, rimanendo in silenzio davanti a ogni attacco, perdendo a ogni passo credibilità e autorevolezza.
Sono certo che, più o meno consapevolmente, una domanda abbia attraversato la mente di molti dei partecipanti, ieri: con tutta questa forza collettiva, che cosa ci impedisce di difendere i nostri diritti, riconquistare quelli perduti, estenderli a tutti? La risposta se la sono data da soli, quando hanno risposto con un’ovazione alla Camusso che dal palco ha menzionato lo sciopero generale. Salvo aggiungere, quasi a parte, che ci arriveremo “con i passi giusti“.
Il punto è questo. I lavoratori hanno dimostrato di essere disposti ad andare fino in fondo per difendere i propri diritti. Hanno lanciato un segnale forte e chiaro non solo al governo, ma anche e forse soprattutto alla CGIL: noi ci siamo, ora tocca a voi metterci nelle condizioni di vincere. Se il sindacato raccogliesse questo segnale, avrebbe a disposizione una forza colossale, che non chiede di meglio che essere organizzata: sarebbero guai per chiunque la ostacolasse, a partire da Renzi e il suo governo.
Personalmente non ho alcuna fiducia in Susanna Camusso e negli altri burocrati della CGIL: dipendesse da loro, si fionderebbero a firmare il primo accordo appena appena migliore della proposta di legge del governo. Ma di fronte al muro opposto da Renzi e alle pressioni dei lavoratori, mi pare che il sindacato abbia solo la scelta tra dare battaglia e suicidarsi. Se sceglierà di non suicidarsi, non è detto che il gigante che si sta svegliando sia poi disposto a riaddormentarsi tanto in fretta.