La fine del meno peggio

Dipinto di Stefano Gentile
Dipinto di Stefano Gentile

Dato che tutti dicono la loro sulle elezioni statunitensi, mi sento autorizzato a raccogliere qualche considerazione anch’io. Proprio in forma di appunti eh, che per un discorso organico è presto presto.

1. Trump è una merda

Tanto per sgombrare il campo da qualsiasi ambiguità. Leggo che c’è gente “di sinistra” che festeggia, ma francamente non c’è una sola ragione al mondo per essere anche solo moderatamente lieti per la vittoria di questo miliardario cazzaro, razzista e sessista. I sedicenti “compagni” che inneggiano a Donald Trump in funzione anti-sistema sono, al più, ingenui o confusi, ma al meno dei completi imbecilli.

Trump è la reazione peggiore e la sua amministrazione non migliorerà di un’unghia le condizioni di vita e di lavoro di nessuno dei milioni di americani che l’hanno votato.

L’unica notizia interessante è che la portata del disastro è tale da spingere centinaia di milioni di persone in tutto il mondo a cercare di capire perché è successo, in modo da evitare che accada di nuovo. Proviamo allora ad abbozzare una spiegazione.

2. Qualche numero

Intanto qualche numero, che serve sempre. Stando ai dati provvisori, l’affluenza al voto è calata di circa 3 punti percentuali rispetto alle scorse elezioni, e di circa 7 rispetto a quelle precedenti, quelle della prima candidatura di Obama.

Clinton ha ottenuto qualche manciata di voti in più rispetto a Trump, pur avendo complessivamente meno delegati, ma il dato più interessante è che mentre il candidato repubblicano ha sostanzialmente confermato le preferenze ottenute dai suoi predecessori Mitt Romney e John McCain (poco meno di 60 milioni), quello democratico ne ha perse circa 6 milioni rispetto al secondo Obama, e addirittura 10 milioni rispetto al primo.

La lettura più immediata è che, più che vincerle Trump, queste elezioni le ha perse Clinton, e con lei tutto il sistema di potere di cui è espressione. La vera domanda da porsi, dunque, non è “com’è possibile che abbia vinto Trump?” ma “perché Clinton ha perso le elezioni?

3. Alien vs. Predator

Il sottotitolo di questo film memorabile con Raoul Bova era “chiunque vinca, noi perdiamo“. Evidentemente è quello che hanno pensato in molti a proposito dello scontro tra Clinton e Trump.

In generale, il trend che comprende anche le elezioni precedenti è quello di un calo della popolarità del governo democratico, dopo le iniziali illusioni nel “nuovo corso” di Obama.

Di questo nuovo corso Hillary Clinton è stata parte integrante e attiva come segretario di stato, dal 2009 al 2013, nella sua qualità di rappresentante di una delle famiglie più potenti d’America e degli interessi di banche e multinazionali.

Se è vero che il consenso interno dell’amministrazione Obama è calato (al punto di perdere le elezioni presidenziali e la maggioranza nei due rami del Congresso), forse è perché per milioni di americani, compresi tanti che avevano votato per il primo presidente afroamericano della storia degli USA, questi otto anni di governo non hanno portato benefici particolari.

Nel frattempo, in campo internazionale sono aumentate le tensioni con Russia (ricordate la crisi in Ucraina?) e Unione Europea (ad esempio le sanzioni a Volkswagen e Deutsche Bank da un lato, quelle ad Amazon, Google e Facebook dall’altro), non sono mancati gli interventi politico-militari in mezzo mondo, perlopiù con esiti fallimentari.

Trump è un reazionario, razzista, sessista e guerrafondaio, ma in questi otto anni di amministrazione democratica non sono certo cessate le discriminazioni contro le donne, non si contano le violenze subite dai neri anche da parte della polizia e le vittime di guerre scatenate direttamente o indirettamente dal governo statunitense. Il sistema economico e di potere di cui Clinton è massima rappresentante ne è stato responsabile tanto quanto lo sarà il suo avversario (che, intendiamoci, non scatenerà la terza guerra mondiale – tanto più che con Putin ha rapporti più amichevoli di Obama – e neppure costruirà un muro alla frontiera con il Messico).

Ecco alcune ragioni plausibili per cui in tanti, tra cui almeno una decina di milioni di ex elettori democratici, non si sono sentiti in dovere di “proteggere la democrazia” da Donald Trump votando Hillary Clinton. Tra questi, anche molti – una famosa su tutti, Susan Sarandon – che avevano partecipato alle primarie democratiche sostenendo Bernie Sanders e il suo programma di rottura (almeno parziale) con il sistema.

4. La fine del meno peggio

Ripeto, non c’è davvero alcun motivo di compiacersi per la vittoria di Trump (a meno di essere un fascioreazionario della peggior specie). Incolpare una presunta imbecillità di massa come causa di questo disastro, però, è il modo migliore perché si ripeta anche altrove.

Il mantra della campagna di Clinton durante le primarie democratiche è stato che solo un candidato moderato avrebbe potuto sconfiggere la destra reazionaria, mentre un radicale come Sanders non avrebbe avuto speranze. È la stessa litania che abbiamo sentito decine di volte in questi anni, praticamente in ogni occasione, in Italia come all’estero: da Prodi contro Berlusconi a Martinazzoli (Martinazzoli!) contro Formigoni, fino a Sala contro Parisi, replicato a tutti i livelli, dalle elezioni di quartiere a quelle nazionali. È il ricatto morale delle forze interessate alla conservazione dello status quo nei confronti di chi vorrebbe un cambiamento: accontentati di questo meno peggio se non vuoi il male peggiore. Ha funzionato per decenni, ovunque.

Pian piano però la crisi ha cominciato a erodere il margine di meno peggio tollerabile da un numero sempre maggiore di persone, mentre si è fatta strada l’idea che il “sistema” non meriti di essere difeso neppure dai peggiori figuri in circolazione. In giro per il mondo, gli indizi che il vento stesse cambiando, che il ritornello non fosse più efficace, c’erano da un po’. C’era andato vicino Bernie Sanders a sfatare il tabù nelle primarie democratiche, ma di fatto i grandi elettori gliel’hanno impedito. Jeremy Corbyn in Gran Bretagna invece ha dato una dimostrazione schiacciante che per la stragrande maggioranza dei simpatizzanti laburisti è più facile vincere con un leader radicale che con uno moderato.

La vittoria di Trump, contro le previsioni di politici e analisti incapaci di leggere il mondo in cui viviamo, è la più clamorosa sconfitta della teoria del meno peggio e ci insegna l’unica lezione utile: dobbiamo costruire un’alternativa di sinistra radicale e credibile, che si ponga come obiettivo dichiarato la distruzione di questo sistema economico e in questo modo contenda efficacemente il campo alla destra. Ogni altro percorso porterà solo ulteriori Alien e Predator.

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2 comments

  1. “I sedicenti “compagni” che inneggiano a Donald Trump in funzione anti-sistema sono, al più, ingenui o confusi, ma al meno dei completi imbecilli”.
    Ti dirò, con stima e rispetto e senza afflato polemico la frase mi ha un po’ infastidito.
    Sì, perché sono un compagno (non un sedicente tale) e non mi sento né ingenuo, né confuso; e ancor meno imbecille.
    Eppure mi rallegro per la vittoria di Trump.
    Trovo fuorviante (o, se preferisci, ingenuo, questo sì…molto mainstream) parlarne con disprezzo additandolo con aggettivi quali “miliardario cazzaro, razzista e sessista” che calzano perfettamente alla sua contendente sconfitta; miliardaria, anche grazie alla sua fondazione che raccoglie contributi da nazisti ucraini e protettori dell’ISIS; cazzara come tutti i politici di professione; razzista come tutti i portatori d’interessi delle élites; sessista in modo più assai più subdolo e pericoloso del grossolano Trump per il suo comportamento rispetto alla vicenda Lewinsky; ma aggiungiamoci anche guerrafondaia e assassina per le morti di cui è responsabile in seguito alle “rivoluzioni” arabe e alle tragiche guerre libica e siriana.
    Pensa un po’…hai scoperto solo ora con la vittoria del (per ora almeno) non guerrafondaio Trump e con la plateale sconfitta del menopeggismo qual è “l’unica lezione utile: dobbiamo costruire un’alternativa di sinistra radicale e credibile”.
    Bastava considerare la raccapricciante storia del PCI dal dopo resistenza a oggi nella sua sordida e rivoltante sequela di ignobili compromessi, dalle menzogne ufficiale su Portella delle Ginestre a Piazza Fontana (l’Unità additò il mostro Valpreda) all’archiviazione del “suicidio” Pinelli (per mano dell’eroe di sinistra D’Ambrosio, premiato con lo scranno al parlamento), fino alla coerente e naturale evoluzione renziana.
    E io sarei l’ingenuo…forse sarebbe il caso di leggere un equilibrato commento sulla vicenda Trump di una chiarezza cristallina e molto più di sinistra -anche se proviene dal Sole24h- di tanti commenti rivoluzionar-mainstream urlati a slogan: http://vitolops.blog.ilsole24ore.com/2016/11/09/forse-trump-ha-vinto-perche/
    Con simpatia.
    Alessio

  2. Caro Alessio,
    mi dispiace che la mia osservazione ti abbia infastidito, ma continuo a ritenerla corretta, tanto più che mi pare tu abbia frainteso il senso del mio post – che ovviamente è opinabile come tutte le opinioni personali, ci mancherebbe.
    Io non ho nessun dubbio (e mi pare proprio di averlo scritto esplicitamente: “Trump è un reazionario, razzista, sessista e guerrafondaio, ma in questi otto anni di amministrazione democratica non sono certo cessate le discriminazioni contro le donne, non si contano le violenze subite dai neri anche da parte della polizia e le vittime di guerre scatenate direttamente o indirettamente dal governo statunitense. Il sistema economico e di potere di cui Clinton è massima rappresentante ne è stato responsabile tanto quanto lo sarà il suo avversario”) che Hillary Clinton rappresenti pienamente e consapevolmente tutte le istanze conservatrici e criminali che hai citato. E ovviamente non scopro certo ora la necessità di costruire un’alternativa di sinistra radicale e credibile. Ma il punto qui non è quello che so io, che bene o male milito in una piccola organizzazione rivoluzionaria da quasi vent’anni. Il punto è che a scoprirlo adesso sono centinaia di milioni di persone in tutto il mondo che hanno avuto bisogno di questo trauma per cominciare a capirlo. Il dato significativo – o perlomeno quello che volevo mettere in luce – è questo.
    Non è neppure questione di scegliere se sia meglio o peggio Trump rispetto a Clinton, anche perché questa scelta è irrilevante, dal momento che sono entrambi rappresentanti di interessi contrapposti a quelli della classe lavoratrice.
    Io non ho ben capito, dal tuo commento, che cosa intendi quando scrivi “mi rallegro per la vittoria di Trump”. Se il senso è che da questa vittoria (che a me sembra più una non-sconfitta) può sorgere un movimento davvero progressista che spezzi il duopolio democratico-repubblicano e trascini con il suo esempio i lavoratori del resto del mondo, allora sono d’accordo anch’io. Starei però molto attento a pesare le parole e lo scriverei in modo diverso per evitare ambiguità. Perché questo movimento, di cui si intravedono le prime scintille, può sorgere soltanto per reazione all’elezione di Trump e *contro* la sua amministrazione, che giustamente viene considerata reazionaria e nemica dei lavoratori e in generale dei “deboli”.
    A me è questo movimento che interessa, e di certo farei fatica a parlare con uno delle decine di migliaia di giovani che sono scesi nelle strade in questi giorni, se esordissi dicendo che “mi rallegro per la vittoria di Trump”.

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