Onestamente, il 5 marzo ero convinto che Lega e 5 Stelle non sarebbero riusciti a governare insieme. Mi sembrava troppo sconveniente per entrambi: per Di Maio, governare per davvero, senza riuscire a concludere quasi nulla di quanto aveva promesso, avrebbe significato perdere gran parte del proprio consenso. E Salvini, leader della coalizione di destra, perché mai avrebbe dovuto fare il “secondo” di Di Maio, l’unico che avesse preso più voti di lui?
Il fatto che non ci sarà un governo Lega-M5S (almeno, questa è la situazione oggi, ma qui ormai può succedere di tutto: viva l’Italia!) non significa che non avessi torto: come un orologio rotto che due volte al giorno segna l’ora giusta, ci avevo preso ma per la ragione sbagliata. Il veto del Presidente della Repubblica a Paolo Savona ministro dell’economia, con l’accusa di anti-europeismo, è il colpo di scena di un film che mi sembra scritto in gran parte da Matteo Salvini.
L’aspetto davvero inquietante della vicenda è la chiarezza con cui Mattarella ha spiegato di aver impedito la formazione del governo perché non sufficientemente allineato con le aspettative degli investitori e della finanza internazionale. Cioè, nulla di nuovo sotto il sole, ma perfino all’epoca del governo Monti si era usata più prudenza nelle apparenze. Non entro nel merito, totalmente irrilevante, della correttezza formale di questa manovra, dal punto di vista delle norme e della prassi costituzionale: sono molto più importanti e interessanti i suoi risvolti politici. Ecco quelli che mi sembrano più rilevanti:
- Il timore da parte delle istituzioni finanziarie e politiche (l’ordine non è casuale) che qualcuno possa “disturbare il manovratore” è così forte che basta anche una semplice propaganda vagamente e molto confusamente anti-europeista per suscitare il panico. Per settimane Lega e M5S hanno ripetuto in ogni occasione che non avevano affatto intenzione di mettere in discussione né l’Euro né tantomeno l’appartenenza dell’Italia all’Unione Europea. Lo stesso ha dichiarato Savona. Eppure solo il fatto che queste forze fossero (a parole e per ragioni puramente elettorali) leggermente meno allineate dei governi telecomandati precedenti ha suscitato un panico tale da rendere necessario fermarle a ogni costo. Anche a costo di provocare una crisi istituzionale dall’esito piuttosto imprevedibile.
- Chi oggi tira un sospiro di sollievo perché Mattarella ha “fermato” Salvini non capisce che questa manovra è l’assist migliore che si potesse fare alla Lega (e in parte ai 5 Stelle): questi che sono i peggiori e più reazionari conservatori adesso possono presentarsi a una cittadinanza già esasperata come dei martiri, eroi anti-sistema in un contesto in cui il “sistema” ha mostrato la sua faccia peggiore, cioè quella vera. Se già il 4 marzo i partiti moderati, garanti del rispetto dei vincoli europei, erano stati sconfitti, proprio non vedo come potranno evitare una debacle ancora peggiore alle prossime elezioni. Magari dopo qualche mese di governo “tecnico” guidato da Carlo Cottarelli, uno che di mestiere fa il direttore esecutivo nel board del Fondo Monetario Internazionale.
- In generale, non c’è nulla da festeggiare. Chi si schiera oggi con Mattarella, burattinaio della grande finanza internazionale, esecutore dell’austerity, non può considerarsi di sinistra. Chi è di sinistra non può non essere disgustato dalla nonchalance con cui il Presidente della Repubblica ha spiegato che a governare davvero sono le borse internazionali. Ovviamente chi è di sinistra non può neppure schierarsi con Salvini e Di Maio, pronta a varare un governo che avrebbe portato solo attacchi e condizioni peggiori per i lavoratori italiani. Siccome non siamo allo stadio, fortunatamente non siamo obbligati a fare il tifo per nessuno: la metafora di Alien vs. Predator è più efficace che mai. Certo che nei prossimi mesi le nostre parole d’ordine rischiano di risuonare a vuoto, schiacciate tra una destra anti-europeista e un’altra destra europeista. Un po’ come nel referendum sulla Brexit.
È più importante che mai, proprio per questa ragione, mantenere la barra dritta mentre passiamo tra Scilla e Cariddi, in modo da uscire senza troppi danni dallo stretto e prepararci a spiegare le vele quando ne saremo fuori.