In questo momento a Bologna si celebra il ventennale della pubblicazione di Q, romanzo d’esordio di Wu Ming, con un convegno a cui partecipa il collettivo al gran completo, e a cui assisteranno diversi fortunati amici.
Il mio modo di partecipare – da lontano – consiste nel cogliere spunto dalla celebrazione e dedicare qualche minuto a individuare i libri che, più o meno letteralmente, mi hanno cambiato la vita. Siccome ho poco tempo, ne cito solo tre. Non sono gli unici, e probabilmente ne sto dimenticando qualcuno di (sempre soggettivamente) ancora più importante. Sono però i primi tre che mi vengono in mente: qualcosa vorrà pur dire.
Q di Luther Blisset
Q, ovviamente. Lo lessi tra il secondo e il terzo anno di università, dunque non più tardi della primavera 2001, sull’onda del passaparola che lo aveva reso un caso editoriale. Ne ricordo vivamente l’impressione che mi fece: quella di un raggio di sole che illumina una strada di cui prima non sospettavi l’esistenza. La strada era un modo di scrivere e di raccontare che non avevo mai conosciuto, e che mi ha incantato. Q è senza dubbio il libro che ho regalato più volte. Ho anche avuto l’imprudenza di prestarlo ripetutamente – e ripetutamente smarrirlo e ricomprarlo: l’ultima volta pochi mesi fa (appena prima di sapere che ne sarebbe uscita un’edizione speciale per i 20 anni, ovviamente). L’idea di una letteratura militante viene sicuramente da più lontano, ma Q ne ha inaugurato una nuova stagione per la mia generazione.
Noi saremo tutto di Valerio Evangelisti
Se c’è un libro che mi ha cambiato la vita in senso letterale, è Noi saremo tutto di Valerio Evangelisti. Me lo regalò Mauro nel 2004, invitandomi poco dopo a iscrivermi alla mailing list dell’autore. Una parte significativa delle persone che frequento oggi, le ho conosciute attraverso quella mailing list. Certamente non avrei conosciuto Martina senza Valerio, e già conoscere Valerio è stata una gran cosa. Tutto questo grazie al fatto che Noi saremo tutto è davvero un romanzo straordinario: per la sua ambientazione nella storia in gran parte misconosciuta del sindacalismo americano; per il modo in cui è raccontata, filtrata dallo sguardo di un nemico implacabile di questo stesso movimento sindacale e dei lavoratori; per la costruzione del personaggio del protagonista, un villain totalmente privo di umanità eppure straordinariamente, titanicamente vivo. È il libro che ha chiuso una stagione – quella dei movimenti e del 2001 – e ne ha aperto, per me, un’altra.
Guida galattica per gli autostoppisti di Douglas Adams
Sul terzo libro sono davvero indeciso. Opto infine per la Guida galattica per gli autostoppisti: non è semplicemente uno dei libri più geniali, e certamente il più divertente, che abbia mai letto (grazie all’amico “Sbatti”, che me lo regalò nel mio ultimo anno di università, il 2002). È la chiave che mi ha dato accesso a tutto un filone di umorismo fantasmagorico e deliziosamente nonsense che ha influenzato profondamente non solo i miei gusti letterari, ma in generale la mia sensibilità verso il mondo.