L’Ispettorato Nazionale del Lavoro ha pubblicato un paio di mesi fa una breve nota per riassumere i risultati della sua attività nel primo semestre di quest’anno: eccola.
Il senso del comunicato è che gli ispettori sono stati davvero bravi, nonostante le esigue risorse stanziate dal governo, a smascherare sempre più irregolarità. Ma i numeri sono significativi e descrivono uno scenario inquietante (ma non sorprendente) che vale la pena commentare.
Il primo dato è che rispetto al primo semestre del 2018 il volume complessivo delle ispezioni è sceso del 9%, a causa delle scarse “risorse disponibili” – ossia a causa dei tagli del governo. Il ministro del lavoro, da cui dipendono in primo luogo gli stanziamenti per l’ispettorato, era Luigi Di Maio, capofila del “partito dell’onestà” e del cambiamento: mica male.
Nonostante siano state fatte meno ispezioni, sono aumentate le irregolarità accertate, sia in termini percentuali (dal 69% al 72% dei casi), sia in numeri assoluti, con 83.191 posizioni lavorative risultate irregolari (contro le 77.222 del primo semestre 2018). Questo dato consente anche di risalire al totale delle posizioni lavorative verificate dall’Ispettorato nel semestre: poco più di centomila, su un totale di circa 23 milioni di lavoratori in Italia (dai Istat 2018) di cui circa 18 milioni di dipendenti.
Alt, rileggete sopra e fate attenzione al dato: su dieci posti di lavoro ispezionati, sette impiegavano lavoratori con contratti sbagliati o direttamente senza alcun contratto. A questo riguardo, il numero dei lavoratori in nero accertati è salito in un anno (e nonostante i minori controlli effettuati!) del 14%, da 20.398 a 23.300. Piccola nota di colore, l’Ispettorato dà i numeri anche sui percettori abusivi del Reddito di Cittadinanza: ben 185 (centottantacinque). Possiamo ben dire che le campagne mediatiche contro i poveri “truffaldini” sono alquanto esagerate. E possiamo dire pure che sarebbe meglio indirizzare le poche “risorse disponibili” a dar la caccia alle decine di migliaia datori di lavoro imbroglioni che evadono milioni, piuttosto che a poche centinaia di lavoratori che ottengono prestazioni non dovute. Sarebbe anche interessante chiedere a Matteo Renzi su pressione di chi abbia insistito fino all’ultimo per mantenere il tetto dei 3.000,00 Euro per i pagamenti in contanti (a quanto pare, alla fine sarà abbassato a 2.000,00 Euro – comunque più che sufficienti a gestire traffici poco trasparenti).
Ma il lavoro nero non è certo l’unico modo in cui si manifesta lo sfruttamento. Un altro, ben noto, è il sistema degli appalti, che assai spesso non è altro che un modo per le grandi aziende, specialmente, ma non solo, nel settore della logistica, per scaricare sui lavoratori la corsa al ribasso dei costi di manodopera, attraverso pratiche di ricatto più o meno mascherato, false cooperative facilmente infiltrabili e controllabili dalla criminalità organizzata, vero e proprio caporalato. Assai spesso, dicevo, e a quanto pare sempre più spesso: “è più che raddoppiato (da 5.161 a 10.454) il numero dei lavoratori soggetti a forme di appalto e somministrazione illeciti.” 263 persone (contro le 80 dell’anno precedente) sono state denunciate per illeciti legati al caporalato, specialmente nel settore agricolo.
L’attività dell’Ispettorato ha portato alle casse dell’Inps e dell’Inail oltre mezzo miliardo di Euro nel solo primo semestre del 2019 (in aumento rispetto ai 351 milioni del primo semestre 2018). Questo con poco più di centomila posizioni lavorative verificate su una ventina di milioni. Fate voi la proporzione.
Il governo Conte che ha sostituito il governo Conte ha battuto la grancassa in queste settimane sulla questione della lotta all’evasione fiscale: un argomento tanto condivisibile quanto fumoso, in assenza di provvedimenti concreti ed efficaci. Finché non saranno potenziati enormemente risorse e poteri degli ispettorati, e finché non saranno abolite le forme di lavoro precario e le altre leve dello sfruttamento, saranno soltanto chiacchiere.