L’amico e compagno Tomaso Perani mi ha proposto di scrivere a quattro mani un articolo per il sito di Sinistra Classe Rivoluzione sulla vicenda della Superlega: ne è venuto fuori un pezzo interessante, credo, che vi invito a leggere integralmente qui.
Ne propongo di seguito non l’incipit, ma la conclusione.
IL PALLONE SGONFIATO – UN’ANALISI MARXISTA DEL FALLIMENTO DELLA SUPERLEGA
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Uno degli aspetti più notevoli di questa vicenda è rappresentato dalle reazioni di opposizione che ha suscitato. Non quelle pelose e ipocrite delle istituzioni calcistiche e degli stessi governi europei, ma quelle spontanee di milioni di appassionati, a partire dagli stessi tifosi delle società coinvolte.
Il progetto della Superlega ha immediatamente scatenato un’ondata di proteste realmente di massa, soprattutto in Inghilterra: il sentimento di gran lunga prevalente è che questa operazione rappresenti l’ennesima tappa della progressiva espropriazione del calcio da parte di un pugno di arroganti super-ricchi ai danni dei tifosi.
Allo stesso tempo, però, in pochi si sono lasciati convincere dalla retorica diffusa dalla Uefa e dalle altre istituzioni, calcistiche e non, che mirano a rappresentare se stesse come i “buoni” che vogliono difendere lo sport dai soprusi dei “cattivi”. Non sfugge ai più che le istituzioni e i dirigenti che in questi giorni si sono scagliati contro “l’egoismo” dei top club sono gli stessi che negli ultimi decenni non hanno fatto altro che preparare il terreno a questa ulteriore svolta.
Con che credibilità parlano di “meritocrazia” istituzioni come la Premier League inglese nata trent’anni fa con la scissione delle squadre di prima divisione che non volevano più dividere con le serie minori i proventi televisivi? E come può essere presa sul serio la Uefa, che ha contribuito in modo significativo a foraggiare i club più ricchi aumentando a dismisura il divario tra il vertice e la base della piramide? E i dirigenti che da anni soffiano nella bolla delle plusvalenze, salvo poi aumentare vertiginosamente i prezzi dei biglietti negli stadi?
È ormai evidente a uno strato sempre più ampio di appassionati che è tutto il sistema calcio a essere marcio fino al midollo: la Superlega è soltanto la punta di un iceberg, alla radice del problema sono “i soldi”, cioè l’idea di gestire lo sport secondo le leggi del mercato, con il profitto come unica stella polare, a tutti i livelli.
Sempre più persone percepiscono, magari ancora in forma embrionale e contraddittorio, che la scelta non è fra un modello di sfruttamento buono e uno cattivo ma tra un modello di calcio “industriale” e capitalistico rappresentato sia dalla Superlega che dalla Uefa e uno di calcio popolare sportivo che anima le passioni dei tifosi e delle tifose.
Lo sport, e il calcio in particolare, è visto da decine di milioni di persone come un bene comune, non diversamente dall’ambiente o dalla salute. Le proteste di massa contro il progetto della Superlega risuonano allora con quelle a cui abbiamo assistito in questi anni contro i responsabili del riscaldamento globale e con il crescente malcontento verso la gestione privatizzata della campagna vaccinale a livello globale.
In tutti questi casi, il nemico è sempre lo stesso: il capitalismo, che come un parassita contagia con le sue dinamiche di disuguaglianza ogni aspetto della vita umana. L’indignazione contro la Superlega porta con sé una critica implicita al sistema del mercato ed è proprio per questa ragione, non certo spinti dal senso di giustizia, che i leader politici europei, da Macron a Johnson fino a Draghi, l’hanno cavalcata in queste ore nel tentativo di imbrigliarla e ricondurla nei confini delle compatibilità di sistema, esattamente come hanno fatto in questi anni promuovendo la “green economy” per addomesticare il movimento ambientalista.
Il compito dei marxisti è precisamente l’opposto: spiegare che anche la lotta per uno sport davvero “democratico” e popolare passa inevitabilmente dalla lotta contro il capitalismo.