(nella foto, l’Algoritmo di Foodinho dispensa la sua giustizia ai rider)
Come molti dei miei lettori nerd ben sapranno, Jarvis (o meglio J.A.R.V.I.S.) è l’intelligenza artificiale che fa da maggiordomo a Tony Stark / Iron Man nei film della Marvel.
Con un certo qual senso dell’umorismo, la società Foodinho, piattaforma del gruppo multinazionale Glovo che opera in Italia, ha chiamato così l’algoritmo che determina tra l’altro rating, occasioni di lavoro e compensi dei rider che lavorano per lei. O per lui, forse.
L’ho scoperto leggendo il provvedimento dello scorso 10 giugno con cui il Garante per la Protezione dei dati personali (per gli amici, Garante della Privacy) ha inflitto a Foodinho una multa di 2,6 milioni di Euro oltre a una sterminata serie di ingiunzioni riguardanti l’adeguamento delle proprie procedure aziendali a molteplici aspetti della normativa in materia di dati personali (il celeberrimo GDPR, o RGPD in italiano).
“L’Autorità ha rilevato una serie di gravi illeciti, in particolare riguardo agli algoritmi utilizzati per la gestione dei lavoratori. La società, ad esempio, non aveva adeguatamente informato i lavoratori sul funzionamento del sistema e non assicurava garanzie sull’esattezza e la correttezza dei risultati dei sistemi algoritmici utilizzati per la valutazione dei rider. Non garantiva nemmeno procedure per tutelare il diritto di ottenere l’intervento umano, esprimere la propria opinione e contestare le decisioni adottate mediante l’utilizzo degli algoritmi in questione, compresa l’esclusione di una parte dei rider dalle occasioni di lavoro.“
Così si legge nel comunicato stampa sul sito del Garante. Il provvedimento vero e proprio si trova qui ed è lunghissimo. Descrive nel dettaglio le indagini effettuate, anche con la collaborazione dell’omologa autorità spagnola, l’andamento del procedimento, le difese della società e infine, minuziosamente, l’esito delle indagini e i molteplici profili di violazione accertati.
In estrema sintesi, il Garante ha sanzionato Foodinho perché traccia troppi dati personali dei suoi lavoratori senza dirglielo prima con sufficiente chiarezza (e in parte senza dirglielo affatto), li conserva troppo a lungo. Ma è soprattutto a due aspetti che il provvedimento dedica un lungo approfondimento.
Da un lato, all’algoritmo che ha in buona sostanza potere di vita e di morte sui rider: Jarvis, per l’appunto. La società ne ha tenuto nascosto le specifiche modalità di funzionamento perfino all’Autorità (e questo ha contribuito a innalzare la sanzione).
Si tratta di un trattamento automatizzato dei dati che influisce direttamente sui diritti dei rider: l’algoritmo infatti recepisce tutti i dati personali (velocità, tragitti, feedback, etc.) e in base a quelli, in modo tutt’altro che trasparente, decide chi può lavorare e quando, con quale compenso, arrivando fino alla possibilità di “disconnettere” chi non rispetta determinati standard. Avrebbero dovuto chiamarlo Ultron, non Jarvis.
Perciò i lavoratori dovrebbero poter conoscere in anticipo i meccanismi di funzionamento dell’algoritmo e dovrebbero poterne contestare le decisioni, verificare l’esattezza dei dati rilevati ed eventualmente ottenerne la rettifica, tutelarsi insomma dal rischio che il trattamento automatizzato dei dati finisca per comportare discriminazioni, in particolare sul sistema di rating e di distribuzione del lavoro.
Per chiunque abbia mai parlato con un rider, in effetti, quella dell’impenetrabilità e dell’arbitrarietà dell’algoritmo emerge quasi sempre come una delle questioni più importanti. Uno dei principali benefici del passaggio a un vero e proprio contratto di lavoro subordinato (come quelli promossi dalla piattaforma Just Eat) è la limitazione che comporta al potere di Jarvis e dei suoi fratelli.
Proprio quello della qualificazione del rapporto di lavoro è l’altro aspetto trattato ampiamente nel provvedimento. Riprendendo le conclusioni della Procura di Milano e dell’Ispettorato del lavoro di qualche mese fa, anche il Garante riconduce i rapporti di lavoro dei rider a quelle collaborazioni coordinate e continuative a cui, secondo il decreto rider, dovrebbero applicarsi le stesse regole dei rapporti di lavoro subordinato.
Tra queste regole, si applicano in particolare quelle previste dallo Statuto dei lavoratori in tema di controlli a distanza: non vietati (in particolare dopo il Jobs Act), ma soggetti a un preventivo accordo sindacale o alla preventiva specifica autorizzazione dell’Ispettorato del lavoro. Accordo che Foodinho non ha ovviamente mai fatto, autorizzazione che non ha mai chiesto.
È interessante che la società si fosse difesa, su questo punto, invocando il famigerato “Contratto UGL” secondo il quale è espressamente esclusa l’applicazione ai rider della disciplina della subordinazione. Il Garante disattende questa obiezione, da un lato precisando che la tutela della privacy rientra tra quelle comunque inderogabili, dall’altro dubitando della stessa validità dell’accordo sindacale tra UGL e Assodelivery.
In aiuto del Garante su quest’ultimo punto arriva anche il Tribunale di Bologna, con una ordinanza del 30 giugno. Si trattava di un ricorso promosso dalla CGIL nei confronti di Deliveroo per comportamento antisindacale: all’indomani della stipula del contratto collettivo con UGL, la società aveva intimato ai suoi rider di adeguarsi alla nuova disciplina, che tra le altre cose prevedeva appunto la natura pienamente autonoma del rapporto e ripristinava il pagamento a consegna e non a tempo (cioè il cottimo) come parametro per i compensi, pena la risoluzione del rapporto di lavoro.
Il giudice chiarisce innanzitutto di aderire all’orientamento per cui i rider non possono considerarsi lavoratori dipendenti a tutti gli effetti, bensì collaboratori coordinati e continuativi: la stessa linea seguita dal Garante della Privacy, dalla Procura di Milano, e prima ancora dalla Corte d’Appello di Torino. È un orientamento che non condivido, e che non condivide neppure un’altra parte della giurisprudenza (ad esempio il Tribunale di Palermo).
Il giudice di Bologna, tuttavia, in contrasto con una precedente pronuncia del Tribunale di Firenze che aveva avuto molta enfasi sulla stampa padronale, stabilisce che tra le tutele proprie della subordinazione che devono essere estese anche ai contratti di collaborazione coordinata e continuativa “etero-organizzati”, come quello dei rider, c’è anche quella contro la discriminazione sindacale. E questa è una prima questione “di metodo” estremamente importante.
Nel merito, il Tribunale afferma che “il tentativo della Deliveroo di subordinare la prosecuzione del contratto con i riders all’accettazione dei termini previsti dal CCNL, a pena di risoluzione del rapporto, appare evidentemente illegittima.” Questo perché le parti che hanno stipulato quel contratto collettivo, e in particolare UGL, non possono considerarsi quelle maggiormente rappresentative nel settore.
In parole povere, il Tribunale “scopre” il tentativo di Assodelivery, ovviamente illegittimo, di trovarsi una controparte sindacale di comodo con cui firmare un contratto collettivo peggiorativo e condanna Deliveroo a reintegrare il lavoratore “licenziato”.
Quella dei diritti e delle lotte dei rider è ormai una saga paragonabile a quelle del Marvel Cinematic Universe. Questa nuova, doppia sconfitta di Jarvis/Ultron deve servire come base per aumentare la coscienza di classe dei lavoratori, la consapevolezza dei loro diritti che sono la base per poter combattere a un livello più alto, e in modo organizzato, per condizioni di lavoro e di vita migliori.