In uno dei suoi ultimi, preziosi contributi militanti, durante un incontro da remoto organizzato da Contropiano sulla guerra in Ucraina, Valerio Evangelisti ribadì le ragioni per cui la campagna per il riarmo dei paesi europei, dietro la pretesa necessità di sostenere militarmente la “resistenza” ucraina, nasconda un contenuto e finalità assolutamente reazionarie e debba essere combattuta fermamente da chi ha a cuore gli interessi dei lavoratori e degli sfruttati.
Con la consueta lucidità, concluse:
Io dico che non dobbiamo cedere di un millimetro e che “Guerra alla guerra” resta il motto più efficace in questa fase.
Potete ancora vedere e ascoltare il suo intervento qui, in particolare dal minuto 38.
Con l’avvicinarsi del 25 Aprile, abbiamo visto in Italia intensificarsi una campagna mediatica che, per giustificare l’aumento della spesa militare e una politica guerrafondaia che soddisfa soltanto gli interessi delle classi dominanti, a tutto svantaggio del resto della popolazione (sintetizzata dal “Preferite la pace o l’aria condizionata?” di Draghi), è arrivata a equiparare la guerra contro la Russia alla Resistenza contro il nazifascismo.
Secondo la più classica reductio ad Hitlerum, l’argomento è il seguente: “Come i nostri partigiani avevano diritto all’aiuto militare degli Alleati per sconfiggere i nazifascisti nella guerra di liberazione, così il popolo ucraino ha diritto a ricevere armi da noi (e quindi, noi abbiamo l’obbligo di fornirgliele) per sconfiggere la Russia.”
Con questo argomento sono stati vituperati sia il Papa che l’ANPI, rei di avere una posizione pacifista – ossia contraria all’invio di armi all’Ucraina – che viene descritta come di equidistanza tra oppresso e oppressore. “Se i partigiani avessero fatto come oggi dice l’ANPI – scrivono e ripetono in televisione opinionisti di varie risme – oggi in Italia avremmo ancora il nazifascismo.”
Un argomento particolarmente specioso dal momento che proviene da quegli stessi che per anni hanno criticato l’ANPI e chi si rifà ai valori della Resistenza stigmatizzando proprio la natura “violenta” della guerra civile partigiana.
E allora oggi è più che mai necessario chiarirle, le ragioni per cui questo accostamento tra la Resistenza al nazifascismo e la (legittima) difesa del proprio territorio da parte dell’esercito ucraino non abbia nessun fondamento – se non lo scopo di proteggere gli interessi di chi desidera che la guerra continui.
Innanzitutto – e non occorre essere comunisti e rivoluzionari per coglierlo – la Resistenza arrivava alla fine di una guerra mondiale durata cinque anni e il suo scopo principale era porre fine alla guerra, nella fase in cui l’esercito tedesco e i suoi burattini erano in ritirata.
Invece è del tutto evidente, ed è anche riconosciuto esplicitamente da tutti gli osservatori e perfino dai leader occidentali, che fornire aiuto militare all’Ucraina serve a bilanciare le forze in campo e quindi a prolungare la guerra indefinitamente. Dopo più di due mesi di combattimenti, infatti, anche l’argomento per cui la Russia avrebbe cessato l’invasione se avesse incontrato una resistenza (con la “r” minuscola) superiore alle attese appare totalmente scollegato dalla realtà.
E ancora, è sempre più chiaro che quanto maggiore è l’intervento (più o meno indiretto) dei paesi occidentali contro la Russia, tanto più aumenta l’instabilità economica in tutto il globo. Il rischio sempre meno remoto è quello di un’escalation che coinvolga altri stati, altri luoghi, altri morti: sia per il rischio di “incidenti” militari all’interno dei confini dei paesi Nato confinanti con l’Ucraina, con conseguente intervento diretto dell’alleanza atlantica; sia per la possibilità concreta che l’aumento delle tensioni tra i grandi imperialismi, americano e cinese, finisca per provocare ad esempio il più volte ventilato intervento militare a Taiwan alimentando uno stato di guerra permanente.
C’è poi almeno un secondo motivo, forse meno immediato ma non meno importante, per cui il confronto proprio non regge: riguarda la differenza sostanziale tra la natura sociale e di classe della Resistenza, rispetto a quella dell’esercito (che non è il popolo) ucraino.
Anche in questo caso, Valerio è stato Magister nel raccontare le ragioni profonde che spinsero centinaia di migliaia di persone a imbracciare i fucili contro i nazifascisti, e altri milioni a sostenerle. Lo ha fatto nell’ultimo romanzo del ciclo del Sole dell’avvenire, Nella notte ci guidano le stelle, senza nascondere le contraddizioni di quel movimento ma mostrando come ad animare la maggior parte dei partigiani fosse non solo la volontà di scacciare l’invasore, ma soprattutto l’intenzione di trasformare radicalmente la società, in senso comunista e socialista: di “fare la rivoluzione”.
E del resto questo spiega il fatto che l’aiuto militare degli alleati alle forze partigiane del Nord Italia fu limitato: di certo non vennero forniti mai più di qualche fucile con munizioni scarse – senza contare la lentezza dell’avanzata dell’esercito alleato dal Sud. Niente a che vedere con i miliardi di dollari spesi dagli USA per armare l’Ucraina.
Dove la resistenza all’invasione russa è condotta non da organizzazioni popolari guidate da un ideale democratico, ma dall’esercito regolare le cui unità migliori in prima linea sono letteralmente formate da nazisti, pienamente integrati e incorporati nelle file dei combattenti. In una guerra che non ha nessun contenuto di classe (e neppure, nonostante tutta la propaganda, di “difesa della democrazia”), ma unicamente la difesa dei confini e del regime.
Una difesa legittima, ovviamente. Così come era legittima la difesa del loro stato e dei loro confini da parte dei cittadini iracheni durante la guerra del Golfo, senza però che nessuno dei tanti che si opponevano alla guerra nei paesi occidentali abbia mai proposto di fornire armi a Saddam Hussein.
Fortunatamente, almeno in Italia, un’opinione pubblica che ha imparato negli ultimi anni a fidarsi poco degli opinionisti prezzolati dei giornali e delle TV, pur disgustata dall’invasione russa, è largamente contraria al riarmo e all’invio di armi all’esercito ucraino. E non perché preferisca l’aria condizionata alla pace, ma perché preferisce la pace a una guerra che fa comodo soltanto all’imperialismo americano e britannico, e in cui oltretutto l’Italia e l’Unione Europea sono palesemente “prese in mezzo”.
Sfortunatamente, i nostri governanti se ne fregano dell’opinione pubblica ma rispondono soltanto a quella della NATO. Oggi andremo in piazza per ricordare a lor signori che la nostra Resistenza non ha nulla a che vedere con la loro guerra.