Spotlight, programma di inchieste di RaiNews24 condotto da Maria Elena Scandaliato, ha dedicato l’ultima puntata al dramma dei salari miseri che affligge i lavoratori del nostro paese. La puntata è andata in onda lo scorso fine settimana ma si trova su RaiPlay.
Il “viaggio nell’Italia dei bassi salari” parte dal settore dei trasporti pubblici, prendendo spunto dai numerosi scioperi dei mezzi degli ultimi mesi per protesta contro gli aumenti magrissimi offerti dai datori di lavoro nell’ultimo rinnovo contrattuale – aumenti ridicoli rispetto all’inflazione che negli ultimi 4 anni è stata complessivamente del 19,1%, con una perdita reale, per un lavoratore con un salario annuale nel 2021 di 26mila euro, di oltre 8mila euro complessivi (fonte: Fondazione Di Vittorio).
È un fenomeno generalizzato che tocca tutti i settori, alimentato da una contrattazione collettiva che negli ultimi trent’anni ha costantemente ceduto terreno e potere d’acquisto rispetto al padronato. Con alcuni picchi talmente estremi da essere finiti nel mirino della Procura di Milano, oltre che dei giudici del lavoro: si parla naturalmente delle paghe previste dal famigerato contratto collettivo dei Servizi fiduciari, che nonostante fosse stato firmato da CGIL e CISL sono state dichiarate “incostituzionali” anche dalla Corte di Cassazione.
Ma giustamente l’inchiesta estende il campo anche oltre il caso “straordinario” di quel contratto collettivo, che prevedeva stipendi addirittura inferiori alla soglia di povertà ISTAT. Mi fa molto piacere che, della lunga e interessante chiacchierata che abbiamo avuto sull’argomento, la giornalista – che mi ha voluto intervistare in qualità di avvocato giuslavorista – abbia estrapolato quello che anche secondo me è il passaggio più importante: non basta che i salari superino la soglia di povertà per renderli adeguati, perché anche l’art. 36 della Costituzione stabilisce (e la Cassazione ha ricordato) che i lavoratori debbano avere retribuzioni non soltanto tali da renderli “non poveri”, ma sufficienti a consentire loro (e alle loro famiglie) “un’esistenza libera e dignitosa“. E di certo, soprattutto a Milano ma anche in generale, 1.250 euro al mese non sono affatto sufficienti per questo.
Sull’inefficacia della contrattazione collettiva, a maggior ragione in assenza di un salario minimo legale (oltre che sulla strutturalmente bassa produttività del lavoro in Italia) punta il dito anche il prof. Andrea Fumagalli.
“C’è una responsabilità anche del sindacato su questo?“, ha chiesto Scandaliato al segretario della CGIL Maurizio Landini. Che in sostanza ha svicolato, scaricando la colpa sulla “politica” che si disinteressa dei lavoratori, plaudendo alla magistratura che indaga sulle paghe previste dal contratto collettivo dei Servizi fiduciari, arrogandosi il merito del suo rinnovo (ma glissando sul fatto che a firmarlo era stata in prima battuta la CGIL), lamentandosi in generale della “situazione difficile” anche per via delle tante leggi che hanno peggiorato le condizioni di lavoro.
Leggi e accordi che però hanno trovato l’avallo degli stessi sindacati, come la legge sulla limitazione del diritto di sciopero nei servizi pubblici essenziali nel 1990 e i protocolli sull’abolizione della scala mobile dei salari nel 1992 e sulla concertazione nel 1993.
Come spiega Giorgio Cremaschi nell’intervista conclusiva della trasmissione, alla base di questa politica era l’idea della CGIL che l’introduzione della concertazione avrebbe garantito, in cambio di una riduzione delle libertà e dei diritti dei lavoratori, un maggiore potere al sindacato, maggiore voce in capitolo che avrebbe usato per tutelare i lavoratori. Un’idea che si è rivelata fallimentare, perché a crescere sono stati soltanto i profitti e mai le retribuzioni, e che è la vera responsabile del crollo dei salari e del loro potere d’acquisto: è questa la conclusione dell’inchiesta, ed è pienamente condivisibile.
Fare chiarezza sui meccanismi che hanno portato alla rovinosa situazione attuale è indispensabile per poterla sanare, a partire da un rinnovamento delle organizzazioni sindacali – prima fra tutte proprio la CGIL – che devono tornare a essere uno strumento efficace di lotta nelle mani dei lavoratori. Solo in questo modo tutti potranno aspirare a un’esistenza davvero libera e dignitosa.