E’ un breve pezzo per il sito dei GC di Pavia, in occasione dell’ottantottesimo anniversario dell’assassinio di Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht, nel gennaio 2007.
“Abbiamo sofferto due gravi perdite, che insieme si fondono in un unico, enorme lutto. Sono stati cancellati dalle nostre fila due leader i cui nomi resteranno per sempre iscritti nel grande libro della rivoluzione proletaria: Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg. Sono morti. Non sono più tra noi!”
(Lev Trotskij, 1919)
Oggi ricorre l’ottantottesimo anniversario della morte di Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg, i due grandi rivoluzionari assassinati il 15 gennaio 1919, con la complicità del governo socialdemocratico, delle milizie proto-fasciste dei Freikorps.
Le loro figure si stagliano oggi come fulgidi esempi della lotta, sempre viva, per la difesa delle autentiche idee marxiste, internazionaliste e rivoluzionarie contro il riformismo e la reazione.
Rosa Luxemburg, nata a Zamosc, in Polonia, il 5 marzo del 1871, si distinse ben presto per la sua polemica intransigente contro il riformismo ed il revisionismo delle idee marxiste. Il suo opuscolo “Riforma sociale o rivoluzione?”, pubblicato nel 1899 in contrasto col dirigente socialdemocratico tedesco Eduard Bernstein, contiene e sviluppa con straordinaria lucidità molti degli argomenti di una disputa che continua ancora ai nostri giorni. Contro la linea portata avanti dai riformisti, che teorizzavano l’abbandono della lotta di classe in favore di una cauta politica di rivendicazioni sociali ed economiche nel quadro del sistema esistente, la Luxemburg difese strenuamente la necessità di condurre una lotta rivoluzionaria finalizzata al rovesciamento del sistema capitalista: “socialismo o barbarie”, avrebbe scritto in seguito per indicare l’assenza e l’illusorietà di una terza via moderata, e l’impossibilità di una duratura armonia tra sfruttatori e sfruttati.
Allo scoppiare della Prima Guerra Mondiale le posizioni riformiste si svelarono per quello che sono: un imperdonabile tradimento, una pugnalata alle spalle dei lavoratori da parte dei loro dirigenti. Non deve dunque stupire che, mentre le socialdemocrazie di tutta Europa approvavano i crediti di guerra affermando la necessità di “difendere la Madrepatria”, il solo Karl Liebknecht tra tutti i deputati dell’SPD tedesco votava contro il finanziamento della guerra imperialista.
Liebknecht, nato a Lipsia il 13 agosto del 1871, e la Luxemburg furono al fianco di Lenin, Trotskij, Connolly ed altri rivoluzionari alla Conferenza di Zimmerwald, che nel 1915 condannò lo sciovinismo dei vecchi partiti socialdemocratici, i quali avevano rinnegato i principi dell’internazionalismo per difendere ciascuno il proprio imperialismo nazionale. La ‘Sinistra di Zimmerwald’, che sarebbe stata l’embrione della III Internazionale, difese le idee fondamentali del marxismo, denunciò la natura di classe della guerra imperialista, proclamò la necessità di una rivoluzione socialista.
In condizioni difficilissime, passando da una prigione all’altra a causa della propria intransigenza e dell’incessabile propaganda delle proprie idee, Liebknecht e Luxemburg cercarono di costruire un partito rivoluzionario che guidasse i lavoratori tedeschi a rovesciare il capitalismo e a porre fine al macello della guerra.
La mancanza di una solida organizzazione, paragonabile a quella dei bolscevichi e in grado di intercettare il sentimento rivoluzionario delle masse di lavoratori e soldati, segnarono purtroppo l’insuccesso del gruppo che si costituì, dapprima all’interno dell’SPD, quindi del nuovo Partito Socialdemocratico Indipendente, ed infine come autonomo Partito Comunista, intorno al giornale “Spartacus”.
Il tradimento perpetrato dalla socialdemocrazia riformista, insieme ad innegabili errori tattici, condussero al fallimento della ‘Insurrezione Spartachista’ nel gennaio del 1919, quando già il vento soffiava a favore della repressione e della contro-rivoluzione capitalista.
Rosa Luxemburg – che si era pronunciata in senso contrario alla sollevazione – e Karl Liebknecht pagarono in prima persona con la vita il prezzo della sconfitta. Il governo guidato dal socialdemocratico Scheidemann pose sul loro capo una taglia di 100.000 marchi. Il 15 gennaio i due rivoluzionari furono arrestati da soldati dei Freikorps, formazioni semi-fasciste dalle cui fila sarebbero successivamente usciti numerosi leader nazisti. Liebknecht fu il primo ad essere condotto fuori dalla caserma in cui erano stati portati per ‘indagini’ e fu assassinato con un colpo di pistola. Quindi fu il turno della Luxemburg, il cui cadavere, gettato in un canale, venne scoperto soltanto dopo parecchi mesi.
La loro morte segnò anche simbolicamente la fine delle speranze di successo dell’insurrezione, che di lì a pochi mesi sarebbe stata soffocata nel sangue di migliaia di vittime tra le migliori avanguardie del movimento operaio tedesco.
La lotta che Karl Liebknecht e Rosa Luxemburg non riuscirono a condurre fino alla vittoria vive ancora oggi. Le posizioni odierne dei vari Blair, Schroeder, Fassino, non costituiscono nulla di nuovo sotto il sole, ma sono semplicemente una riedizione involgarita di quelle espresse da Bernstein e altri dirigenti socialdemocratici oltre un secolo fa. Come le socialdemocrazie di tutta l’Europa si resero complici del massacro della Prima Guerra Mondiale, così oggi i parlamentari della cosiddetta ‘sinistra radicale’ in Italia, legati mani e piedi al governo Prodi da un malinteso senso di disciplina, si prestano alla collaborazione di classe e votano il finanziamento alle missioni militari imperialiste. Le parole del socialdemocratico Ebert “Non voglio una rivoluzione sociale, la odio come un peccato” riecheggiano nell’atteggiamento – tra la preoccupazione e il disprezzo – dei governi ‘moderati’ d’Europa verso il processo rivoluzionario che va sviluppandosi in modo sempre più impetuoso nell’America Latina.
Spetta a noi raccogliere l’eredità di Rosa Luxemburg e di Karl Liebknecht, assumere il compito di difendere le idee del marxismo, dell’internazionalismo, e della rivoluzione: quelle idee per le quali quei due grandi eroi sacrificarono la propria vita.
Lunga vita alla rivoluzione proletaria! Onore ai suoi martiri!
“Il colpo che ci hanno assestato è pesante oltre ogni misura. Eppure guardiamo avanti non solo con speranza, ma anche con una certezza: a dispetto del fatto che oggi si alza la marea della reazione, nemmeno per un minuto perdiamo la nostra fiducia che un nuovo Ottobre Rosso è vicino. I due grandi combattenti non sono caduti invano. La loro morte sarà vendicata. I loro spiriti riceveranno l’onore che gli spetta”.