Marxismo e religione

E’ la traduzione libera di una relazione (anzi, dei miei appunti di quella relazione) tenuta da Alan Woods al seminario di formazione della Tendenza Marxista Internazionale a Barcellona nell’agosto 2007, si trova anche qui.

 

La posizione dei marxisti nei confronti della religione è una questione della massima importanza, da un punto di vista storico, teorico e pratico. Non a caso Marx, Engels, Lenin, Trotskij e Rosa Luxemburg dedicarono grande attenzione a questo problema.

I giganteschi progressi della scienza negli ultimi secoli, dalla formulazione del principio di conservazione dell’energia fino alla scoperta del genoma, dovrebbero dimostrare in modo inoppugnabile e definitivo la validità del materialismo, e la completa infondatezza di qualsiasi ipotesi religiosa.

Eppure, ancora oggi, la religione costituisce uno dei fattori più importanti delle relazioni sociali nel mondo, e le idee religiose, con tutto il loro carico di superstizioni che risalgono al paleolitico, continuano ad esistere e influenzare la vita di milioni di persone.

È un curioso paradosso della dialettica che proprio negli USA, il paese dotato del livello tecnologico e scientifico più avanzato della storia dell’umanità, la grande maggioranza della popolazione creda in Dio, e che ai vertici della nazione vi siano forze talmente conservatrici da porre in pericolo una delle conquiste fondamentali della rivoluzione borghese: il principio della separazione della Chiesa dallo Stato. Per l’affermazione di questo principio lottarono strenuamente i Padri Fondatori degli Stati Uniti: essi erano profondamente anti-religiosi, ed alcuni dichiaratamente atei. Quale paradosso che oggi, nel XXI secolo, un fanatico cristiano sia Presidente degli Stati Uniti! D’altra parte, questa non è altro che una delle degenerazioni senili del capitalismo americano.

Da dove nasce il fenomeno religioso?

In una lettera a J. Bloch, Engels scrisse:

“Secondo la concezione materialistica della storia la produzione e riproduzione della vita reale è nella storia il momento in ultima istanza determinante. Di più né io né Marx abbiamo mai affermato. Se ora qualcuno distorce quell’affermazione in modo che il momento economico risulti essere l’unico determinante, trasforma quel principio in una frase fatta insignificante, astratta e assurda. La situazione economica è la base, ma i diversi momenti della sovrastruttura – le forme politiche della lotta di classe e i risultati di questa – costituzioni stabilite dalla classe vittoriosa dopo una battaglia vinta, ecc. – le forme giuridiche, anzi persino i riflessi di tutte queste lotte reali nel cervello di coloro che vi prendono parte, le teorie politiche, giuridiche, filosofiche, le visioni religiose ed il loro successivo sviluppo in sistemi dogmatici, esercitano altresì la loro influenza sul decorso delle lotte storiche e in molti casi ne determinano in modo preponderante la forma. È un’azione reciproca di tutti questi momenti, in cui alla fine il movimento economico si impone come fattore necessario attraverso un’enorme quantità di fatti casuali”.

Contrariamente all’opinione volgare per cui il marxismo corrisponde a puro e semplice determinismo meccanicistico, il materialismo dialettico considera sì i rapporti di produzione come fattore in ultima analisi determinante, ma spiega lo sviluppo di questo fattore in costante relazione dialettica con i molteplici aspetti della cosiddetta “sovrastruttura” (le forme giuridiche, la cultura, la religione, etc.): se è vero dunque che il fenomeno religioso è in ultima analisi dipendente da quello economico, non esiste tuttavia una dipendenza diretta e immediata, ed anzi, in una certa misura, lo stesso fattore religioso ha un effetto sui rapporti di produzione.

Per spiegare allora la persistenza della religione, occorre analizzarne l’origine e lo sviluppo, nonché le relazioni dialettiche che questo sviluppo ha intrecciato con i fattori produttivi e di classe.

Secondo Marx, quasi tutte le religioni sono nate inizialmente come critica delle condizioni sociali esistenti, unita all’aspirazione ad un mondo migliore e ad una maggiore uguaglianza. Successivamente, tuttavia, si sono tutte evolute in forza oppressiva, al servizio della classe dominante: si sono dunque trasformate in uno strumento di oppressione delle masse, sia pure all’insaputa delle masse stesse.

E proprio dove l’oppressione è più forte, tale da annullare ogni prospettiva di speranza e di alternativa, la religione ha una presa maggiore: è questo dei fattori che spiegano la persistenza di essa. Scrisse a proposito Marx, nella Critica della filosofia hegeliana del diritto: “La miseria religiosa è insieme l’espressione della miseria reale e la protesta contro la miseria reale. La religione è il sospiro della creatura oppressa, il sentimento di un mondo senza cuore, così come è lo spirito di una condizione senza spirito. Essa è l’oppio del popolo”.

Certi conservatori sostengono che la religione sia ciò che distingue l’uomo dagli animali, e che sia la forza motrice della storia. Ora, è vero che gli animali non hanno religione, allo stesso modo che non posseggono arte, cultura, etc.. Da un punto di vista scientifico, si può invece dimostrare che l’umanità ha cominciato a separarsi dal mondo animale  quando ha cominciato a produrre i propri strumenti.

È certamente vero, tuttavia, che i grandi cambiamenti sociali si riflettono anche nella religione. Scrive Marx nel primo libro del Capitale che il mondo religioso è soltanto un riflesso del mondo reale, un riflesso distorto delle relazioni tra gli uomini nella società.

All’origine delle credenze religiose sono la paura e l’ignoranza dell’uomo primitivo, che cercava attraverso la religione di spiegare fenomeni naturali di cui non comprendeva la natura, e che perciò creavano paura.

L’uomo contemporaneo comprende i fenomeni naturali, ma vi sono altri fenomeni – le crisi economiche, le guerre, il terrorismo, per citarne alcuni – che non è in grado di capire, che sembrano altrettanto incomprensibili e soprannaturali del tuono e del fulmine per l’uomo primitivo, e che generano nella società analoghi stati di ansia e di paura.

Nonostante i millenni di progresso – che consiste in ultima analisi nella lotta costante dell’uomo per liberarsi ed elevarsi ad un livello di sviluppo autenticamente umano – sotto la superficie sottile della civiltà permangono nell’animo umano atteggiamenti e modi di pensiero che risalgono alla preistoria, che in date circostanze storiche e sociali possono liberarsi e riportare l’umanità a uno stato di barbarie: Trotskij spiegò che la storia non procede soltanto per linee ascendenti, ma anche per linee discendenti. È quanto è accaduto in modo eclatante nel periodo successivo alla caduta dell’Impero Romano, ma anche, in tempi più recenti, nei Balcani dopo lo smembramento della Jugoslavia.

La religione fu dunque in principio un tentativo dell’uomo di dare una spiegazione ai fenomeni naturali intorno a sé. La prima religione fu quella animista, la cui origine va cercata nei sogni: poiché l’uomo non era in grado di spiegare che cosa fossero i sogni, credeva nell’esistenza di un’anima separata dal corpo. È questa in effetti l’origine di tutte le religioni, ed anche della filosofia idealista.

Nelle prime religioni animiste non solo uomini e animali, ma anche gli oggetti inanimati, e perfino quelli costruiti dall’uomo, si credeva possedessero un’anima. È questa l’idea alla base della preghiera, e in generale di tutte le religioni: l’uomo costruisce un oggetto, vi “introduce” uno spirito e comincia ad adorarlo. Per inciso, la religiosità dell’uomo primitivo era assai più pratica di quella delle religioni più avanzate: nelle epoche antiche, se la preghiera rivolta all’oggetto-feticcio non veniva esaudita, l’oggetto, riconosciuto inutile, veniva prontamente rimpiazzato con uno nuovo…

Nelle Lettere sulla filosofia della religione, Hegel, trattando dell’animismo, ironizzò sullo scarso livello di civilizzazione degli eschimesi, narrando a mo’ di aneddoto che, alla domanda su “dove va un eschimese dopo la morte”, questi avrebbero risposto che “viene sepolto”. Il filosofo idealista, nonché profondamente religioso, trovava assai ridicola una simile risposta, tanto da fargli sostenere che gli eschimesi “non hanno alcuna rappresentazione dell’essenza dell’universo”. Ma che dire allora di tutte le religioni, compreso il cristianesimo, che si basano proprio sull’affermazione dell’esistenza di una vita dopo la morte?

Da un punto di vista marxista, il progresso di una società non si misura sulla base di parametri etici o morali, bensì in base allo sviluppo delle forze produttive, che consentono all’umanità di padroneggiare le forze naturali intorno a sé, di non esserne più schiava ma di utilizzarle per il proprio sviluppo e al fine di elevarsi dallo stato primitivo.

È uno dei sintomi della decadenza del capitalismo l’emergere di idee religiose e superstiziose, con radici ben piantate nella preistoria dell’umanità, non solo tra le classi più povere e ignoranti, ma anche tra quelle più elevate e tra gli intellettuali, nonostante l’elevato grado di progresso della società umana attuale.

Naturalmente, le religioni cambiano con il mutare delle condizioni materiali di vita. Probabilmente la più grande rivoluzione della storia dell’umanità si ebbe dieci-dodicimila anni fa, quando gli uomini passarono dal nomadismo alla vita sedentaria. Paradossalmente, si trattò di un passo indietro sotto molti profili per la gran parte degli esseri umani: per la prima volta vivevano in comunità chiuse e in condizioni sanitarie terribili, con l’inevitabile diffusione di epidemie fino ad allora sconosciute, ed un regime alimentare assai meno vario rispetto alla fase nomade, data l’impossibilità di spostarsi per procacciarsi diverse fonti di cibo.

La religione rifletteva questo mutamento: per la prima volta fecero la loro comparsa gli dei, quali entità legate ai vari fenomeni naturali necessari per il raccolto. Questo coincise con la prima divisione della società in classi, basate sulle diverse relazioni con le divinità: coloro che lavoravano da un lato, e coloro che si ponevano come intermediari tra gli uomini e gli dei, dall’altro. Al contrario, nella società di comunismo primitivo anche la religione era democratica, e la preghiera sempre collettiva.

I rappresentanti delle divinità nelle società sono il clero, che non deve lavorare. Come scrisse Aristotele, l’uomo comincia a filosofare quando sono soddisfatte le necessità della vita: perciò la matematica e l’astronomia sono nate in Egitto, perché i preti della religione egizia non dovevano lavorare e avevano tempo per studiare il cielo.

Chi non lavora pensa, chi pensa domina: la conoscenza è potere. Questo spiega come sia stato possibile che per diecimila anni una piccola minoranza sia stata in grado di governare e sfruttare milioni di oppressi: Engels spiegò che in ogni società in cui l’arte, la scienza e il governo sono nelle mani di una minoranza, questa minoranza farà uso e abuso di questo privilegio per i propri fini. La religione è uno dei principali fattori di questo meccanismo: alla divinità vengono offerti doni, cibo, privilegi. Nasce così la proprietà privata e nasce lo Stato come apparato per la difesa della proprietà privata.

È scritto nella Bibbia che Dio creò l’uomo a propria immagine e somiglianza, ma in realtà è esattamente il contrario: l’uomo crea la divinità secondo la propria immagine. Solo in tempi recenti si è passati a un’idea astratta di Dio, mentre prima l’immagine delle divinità era antropomorfa, ed esse avevano tutte le caratteristiche, e persino i vizi degli uomini.

In questi termini si può spiegare il legame tra religione e potere politico, o, più esattamente, il ruolo della religione come strumento del potere politico. Seneca espresse per primo la concezione della religione come uno strumento politico: “La gente comune crede alla religione come qualcosa di vero, per i saggi essa è falsa, per i governanti è utile”.

Fu con lo sviluppo dell’Impero Romano che la religione assunse più spiccatamente questo ruolo, divenendo sempre di più una religione di Stato, strettamente identificata con il potere imperiale, fino all’adorazione degli stessi imperatori come divinità. Le caratteristiche della religione sono riflesso dello sviluppo delle forze produttive e della società nel suo complesso: riflettono le fasi di ascesa come quelle di declino. Nel periodo di ascesa della Repubblica Romana le masse erano fiduciose, entusiaste, coraggiose, e la loro fede nelle divinità romane era salda; ma nel periodo di declino dell’Impero, quando lo Stato non era più in grado di assicurare lo sviluppo delle forze produttive, anche le divinità della religione romana furono progressivamente abbandonate: la religione romana moriva perché moriva lo Stato e il sistema di produzione schiavistico su cui l’Impero Romano si fondava.

Nella fase della crisi dell’Impero subentrarono alla religione di Stato tutta una serie di credenze mistiche orientali, e soprattutto il cristianesimo, che era nato come una religione degli oppressi, un movimento autenticamente rivoluzionario contro la mostruosità dell’impero.

La nascita del cristianesimo

Non c’è dubbio che i primi cristiani fossero in effetti comunisti: mettevano in comune tutte le loro proprietà. Engels spiegò che le prime organizzazioni del cristianesimo, che vivevano in clandestinità, avevano grandi somiglianze con le organizzazioni del movimento operaio: avevano funzionari a tempo pieno – gli apostoli – e tesorieri – i vescovi. Il primo vescovo/tesoriere fu in effetti Giuda Iscariota: e secondo un cliché piuttosto consueto scappò con la cassa…

I primi cristiani affrontarono coraggiosamente torture e persecuzioni da parte dell’Impero, che tuttavia fallì nel suo proposito di distruggere il cristianesimo. A questo punto, come nelle sue tradizioni, la classe dominante non poté far altro che corrompere e comprare i leader del movimento cristiano, i vescovi, che in effetti nel terzo secolo cominciarono ad elevare la propria condizione rispetto ai membri di base. La classe dominante prese il controllo del movimento, e il cristianesimo divenne religione di Stato, ufficialmente con Teodosio nel 391.

Le eresie, molte delle quali si rifacevano al comunismo originario, che rappresentavano quanti non accettavano questa trasformazione, vennero proibite al principio dallo stesso Imperatore e perseguitate sanguinosamente nel corso di molti secoli successivi. Nell’ambito della Chiesa si rifletteva, come sempre (ed in particolare come appare evidente oggi in America Latina), l’andamento della lotta di classe: così da un lato c’era la Chiesa ufficiale, che difendeva i ricchi, i potenti e gli sfruttatori, e dall’altro la religione dei poveri e degli oppressi, guidata dai rappresentanti più umili del clero, e dalla quale sorgevano i movimenti più radicali, perseguitati in quanto eretici. Fu proprio un gruppo di preti poveri a guidare in Inghilterra, nel 1381, una grande sollevazione contadina.

Perfino la Bibbia venne più volte censurata per eliminarne i contenuti più apertamente rivoluzionari. Non potendo tuttavia proibire del tutto la lettura della Bibbia, essa venne fatta circolare soltanto in latino, una lingua inaccessibile alle masse, e la sua lettura ed interpretazione fu consentita soltanto ai preti.

In tutta l’Europa soltanto pochi luoghi avevano preservato la civiltà dalla crociata della Chiesa contro la scienza ed il progresso: l’impero bizantino, la Spagna governata dagli Arabi, l’Irlanda. La corruzione della Chiesa nel Medioevo era tale da provocare periodiche sollevazioni tra le masse, specie in Germania e in Inghilterra, dove era diffuso un profondo odio contro le istituzioni ecclesiastiche ed i preti.

La traduzione della Bibbia in tedesco da parte di Lutero provocò una vera e propria esplosione in Germania: il velo di oscurantismo e ignoranza su cui si era basata per un millennio la Chiesa cattolica era stato sollevato.

La fine della società feudale e l’ascesa della borghesia si rifletterono profondamente nella religione. Da una parte, la decadenza del sistema feudale fu accompagnata, sul versante religioso, da tutta una serie di credenze che annunciavano l’imminente fine del mondo: in un certo senso era così, perlomeno nel senso che a finire era tutto un sistema sociale ed economico. La borghesia, dall’altra parte, prendeva il sopravvento nella società e si appoggiava su una nuova Chiesa, che attaccava frontalmente quella feudale.

Questo scontro si verificava sullo stesso terreno dottrinale e teologico: dalla teoria della salvezza attraverso le opere, concepita dalla religione cattolica, si passava a quella della salvezza attraverso la fede, avanzata dalla religione protestante. Questa fondamentale distinzione tra dottrina cattolica e protestante ha precise basi economiche: da un lato, nella società feudale la ricchezza accumulata dalle classi dominante rimaneva in gran parte inutilizzata, e veniva spesa in beni di lusso oppure in donazioni a monasteri, nella costruzione di grandiose cattedrali, perfino in elemosine. Nella società borghese non c’era più spazio per un simile uso della ricchezza: questa doveva essere investita e continuamente reintrodotta nel ciclo economico. La borghesia in ascesa aveva dunque bisogno di una teoria della salvezza compatibile con il nuovo sistema economico: e perfino l’architettura delle chiese risentì di questa trasformazione.

Alla vigilia della rivoluzione francese, nel suo processo di sviluppo la borghesia urbana era diventata progressivamente anti-religiosa ed atea. In generale, la maggior parte della popolazione odiava la Chiesa, istituzione di fatto inutile, con enormi ricchezze sulle quali neppure pagava le tasse. L’odio diffuso nei confronti della Chiesa, e la volontà di mettere le mani sui suoi immensi beni inutilizzati, furono tra le cause scatenanti della rivoluzione. E non a caso uno dei primissimi provvedimenti del primo governo rivoluzionario fu la confisca di tutte le proprietà ecclesiastiche, e l’introduzione dell’obbligo per i preti di giurare fedeltà allo Stato.

L’autorità della Chiesa fu ristabilita solo con l’avvento di Napoleone Bonaparte: analogamente a quanto sarebbe accaduto con lo stalinismo in Russia, la reazione termidoriana bonapartista aveva bisogno dei simboli dell’antico regime per difendere il nuovo ordine e la proprietà. La Chiesa era però con Napoleone un organo dell’apparato statale. Soltanto con la controrivoluzione e la restaurazione vennero reintrodotti tutti i vecchi riti e le vecchie istituzioni ecclesiastiche, compreso il Tribunale dell’Inquisizione: non a caso, risale a quel periodo l’introduzione del dogma dell’infallibilità papale.

La Chiesa, in quanto religione organizzata, ha giocato sempre un ruolo controrivoluzionario nella società. Emblema di questo ruolo è la chiesa del Sacro Cuore costruita a Parigi letteralmente sulle ossa dei comunardi. quale insulto più grande alla memoria della Comune! Ancora nel corso dell'”affare Dreyfuss” la Chiesa fu capofila della fazione reazionaria; risale a quell’epoca tra l’altro l’origine del culto legato a Lourdes ed ai suoi “miracoli”.

E non è certo solo la Chiesa cattolica ad assolvere questa funzione: almeno altrettanto reazionaria è ad esempio la Chiesa ortodossa, che in tempi recenti, subito dopo la caduta dell’URSS, ha ripreso saldamente il suo ruolo di guardiano del restaurato ordine capitalista.

I comunisti e la religione

Per i comunisti, la questione centrale è l’atteggiamento da tenere nei confronti del fenomeno religioso. Lenin spiegò che l’ateismo non è mai stato parte del programma del marxismo: a differenza degli anarchici, i marxisti sostengono che non si possa abolire la religione, né proibire alle masse di credere in Dio. Le rivendicazioni che è necessario avanzare sono quelle della completa separazione della Chiesa dallo Stato, e della totale libertà di coscienza: si tratta, in effetti, di rivendicazioni di carattere democratico-borghese.

Diverso deve tuttavia essere l’atteggiamento nei confronti della religione all’interno del partito del proletariato. Il marxismo si basa sulla filosofia scientifica del materialismo dialettico: perciò, se la propaganda e tutta l’attività politica all’esterno devono essere condotte senza offendere la sensibilità religiosa di operai e contadini, allo stesso tempo il partito marxista non può essere semplicemente indifferente rispetto alla religione ed al suo ruolo estremamente reazionario.

La questione si presenta in modo particolarmente concreto, oggi, nei Paesi dell’America Latina ma anche in Nord America e in Paesi come la Polonia: per questo i marxisti devono, ad esempio, sostenere perfino i preti più poveri, nella misura in cui questi svolgono un ruolo progressista per le masse.

La direzione rivoluzionaria sarà composta da quadri che saranno reclutati tra la classe operaia e i giovani: queste persone avranno per la maggior parte, specie in America, delle credenze religiose. Non li conquisteremo chiedendo loro di diventare atei, ma portando avanti un programma materialista, basato su elementi reali, spiegando loro il materialismo storico dialettico, e incoraggiandoli a studiare queste idee.

Il fenomeno religioso è il prodotto di un lunghissimo periodo di tempo in cui il genere umano ha subito un’alienazione da se stesso e dalla propria stessa umanità, è il prodotto di relazioni umane che hanno le proprie radici nella preistoria.

La religione esisterà dunque finché esisteranno le condizioni materiali che ne consentono la sopravvivenza: povertà, sofferenza, in ultima analisi la divisione in classi della società.

Perciò non è certo con la propaganda per l’ateismo che sconfiggeremo in maniera definitiva la religione, bensì con l’edificazione del socialismo: soltanto il socialismo eliminerà per sempre le basi materiali della religione, sollevando finalmente l’umanità al proprio livello naturale, e realizzandone finalmente, dopo diecimila anni di civilizzazione, tutte le potenzialità.

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